Nei giorni della Quarantena molti e molte di noi hanno riscoperto tempi e perduto luoghi, o viceversa, affrontando un viaggio personale in relazione alle proprie attività quotidiane interrotte. Molte di esse hanno a che vedere con l’Arte, la Musica, il Teatro, il Cinema e la Cultura nel senso più ampio, da vere e proprie imprese a imprescindibili passioni, da lavori ufficiali ad approfonditi passatempi. Abbiamo scelto di incontrare alcuni e alcune di queste persone per ascoltare dalle loro parole quanto è mutato e come vedono il futuro prossimo.

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Nome?

Michela.

Cognome?

Bonafoni.

Di cosa ti occupi?

Sono una fashion Trend Researcher e Docente Universitaria nel settore della Moda e del Design; a questo, unisco passione e lavoro come speaker radiofonica presso l’emittente RID 96.8.

Hai altre passioni?

Quanto spazio ho?! Scherzo. Sì, tantissime: la lettura, il cinema, il viaggio, l’arte, amo scrivere e poi…il mio cucciolone meraviglioso, Romeo!

Come ha influito la Quarantena sulla tua vita?

Che domandona! Unirei il “come” al “cosa” per quanto riguarda i miei affetti più cari; quando è iniziata la prima chiusura del Nord Italia mi trovavo proprio lì, per ragioni private, e sono dovuta letteralmente fuggire prima che impedissero le partenze; da quel momento, la lontananza e la distanza hanno influito e influenzano ogni passaggio di questa mia quarantena, ma hanno decisamente rafforzato il mio rapporto privato facendoci mettere in gioco in modo inaspettato ma che si sta rivelando sicuramente vincente e sta creando un legame ancora più forte.

Inoltre, in questo periodo ho perso una delle mie più grandi amiche, andata via in neanche un mese di tempo, per cui ho risentito, come tanti, purtroppo, della impossibilità dell’ultimo saluto, dell’ultimo silenzio condiviso, ma sto imparando comunque a gestire anche la solitudine in questi momenti tragici.

Sui rapporti familiari?

Se vogliamo parlare della mia famiglia, fortunatamente ho tutti vicini e anche in questo caso ci siamo trovati a combattere questo momento difficile insieme, se pur separati nelle singole preoccupazioni. Se, invece, ci spostiamo sul lato privato, come dicevo prima, con una mancanza incredibile che spero presto ci possa portare all’inizio vero della nostra storia.

Sul tuo lavoro?

Sul lavoro direi bene, molto bene; mi sono messa subito in gioco creando dirette Facebooke Instagram che potessero accompagnare almeno qualche momento condiviso con chi mi segue da sempre o da qualche tempo; il lavoro di docente e di direttrice, invece, non ha subito nessun contraccolpo perché lavoro in una università internazionale che già da tempo svolge l’e-learning; la vera sfida è stata la radio ma siamo riusciti comunque ad andare in onda grazie allo sforzo dei fonici e della nostra editrice.

Il designer da te preferito?

È difficile citarne soltanto uno ma, nell’ambito della moda, apprezzo e mi ritrovo moltissimo nell’estetica e nello studio di ricerca di Pier Paolo Piccioli per Valentino così come nell’impegno, sempre nell’ambito di ispirazione culturale, di Miuccia Prada. Per quanto concerne il design amo l’azione politica di Banksy e sono una grande ammiratrice delle donne artiste del Surrealismo.

Il più trascurato?

Rosa Genoni, la prima vera stilista italiana e, tra le altre cose, una delle prime femministe italiane ed europee ad aver unito la moda all’attivismo sociale politico e una delle prime insegnati “illuminate” della moda italiana che pose le basi alla didattica del settore come lo conosciamo e pratichiamo ancora oggi.

L’opera d’arte più rappresentativa dell’ingegno umano?

Anche qui, mi verrebbero in mente più cose ma, volendo soffermarmi sulla mia passione  e professione, direi la macchina da scrivere inventata dall’americano Christopher Sholes.

Business o Etica: cos’è la Moda per te? Perché?

Partirei sicuramente dall’etica, presente anche nella parola “estetica” e, quindi, dall’etimologia del termine “moda” (modus, modi) che ci porta per definizione a studiare e considerare la moda come disciplina sociale che racconta e codifica cultura, economia, sociale definendo tendenze che portano alla creazione delle collezioni. Il mio lavoro consiste proprio in questo: nel trovare anche di “pancia” e di “pelle” gli elementi aggreganti del presente facendoli dialogare con un passato e, quindi, con la Memoria per poi raggiungere una proposta estetica che possa portare la direzione creativa alla creazione di una collezione. Poi c’è il business, ovviamente. Non ci dimentichiamo mai che la moda è la seconda voce economica del paese che dà lavoro a migliaia di persone e che consente di “abitare” dignità attraverso un gesto e/o una scelta estetica.

In quale quartiere vivi?

Per ora mi sono trasferita nuovamente a Villa Fiorelli ma spero di potermi trasferire presto al Nord dove mi aspetta una parte fondamentale della mia vita.

Si può paragonare a un oggetto di design? Quale?

Forse a un Vaso di Lalique, con la sua estetica emozionale, ma le sue incongruenze che rendono speciali i quartieri di Roma.

A uno stilista in particolare?

A uno stilista in particolare no, ma penso sicuramente a un movimento che ha influenzato sia l’arte che la moda: l’Art & Craft di Rossetti e di Morris. Questo sicuramente sì!

Quale “angolazione” preferisci del tuo quartiere?

Dalla terrazza della mia casa da cui posso intravedere angoli di cielo infinito ed il verde che ci circonda. Ogni volta che mi siedo lì mi sembra di avere un occhio vigile sul presente ma, se giro la testa, un’infinita possibilità di proiezioni…

Qualche aneddoto?

In realtà, essendo una “nomade” ed essendo vissuta fuori Roma per molto tempo (infatti, finita la quarantena, mi trasferirò nuovamente al Nord) non ho tantissimi aneddoti se non uno legato al mio cane Romeo che, una volta trasferiti qui a Novembre “a tempo determinato”, mi ha fatto passare più ore a scoprire angoli nascosti di Villa Fiorelli che altro…

Cosa hai “portato” nel tuo isolamento?

Tanto, tantissimo. Primo tra tutti, l’amore per la mia metà e l’amore per gli amici e per la mia famiglia; ancora, l’attenzione al dettaglio, al non detto; l’ascolto puntuale e senza giudizio; la riscoperta e il mettermi in gioco ancora e ancora una volta; l’amore e la passione per il mio lavoro; la voglia di fermarmi in un posto specifico, finalmente, e di smettere il nomadismo sentimentale. Insomma, la lista è lunga ma penso che in queste mie risposte ci sia racchiuso tanto, tantissimo di me e di ciò che faccio.

Cosa hai lasciato fuori?

L’ansia infinita, il rimandare a “domani” ciò che si può compiere “oggi”, l’evitare una telefonata per dire “grazie”, “ti voglio bene”, “ti amo”, chiedere “come stai?”, il pretendere di farcela sempre e comunque da sola…

Una citazione che sproni (ottimisticamente) a un ritorno alla “normalità”?

C’è una frase che ho lanciato in uno dei webinair che ho svolto in questa quarantena e che, ormai,
utilizzo come un “mantra” di sprono e di coraggio : “Dovremo essere capaci di rendere visibile l’invisibile. Solo così sapremo di aver appreso in pieno il valore della libertà e dei rapporti umani…”

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