Dall’8 al 13 novembre alla Contrada arriva, per la prima volta a teatro, “La camera azzurra”.

Si dice che chi ama l’azzurro è portato ad avere un comportamento armonioso verso l’ambiente e le persone che lo circondano. Si dice, invece, che chi rifiuta questo colore è tendenzialmente più aggressivo e incline a rifugiarsi nell’autocommiserazione se impossibilitato a sfogarsi. Chissà se lo scrittore belga Simenon lo sapeva quando scrisse il romanzo “La camera azzurra” nel 1964. Forse sì dato che l’intera opera è incentrata sull’analisi delle debolezze e delle passioni umane.

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Le pareti sono azzurre, così come il letto, le tende e i vestiti dei personaggi, ma non tutti. Ce n’è uno che emerge da quel mare celeste, sia per i vestiti colorati che per il suo ruolo. Lui è infatti il giudice che per tutto il corso dello spettacolo indagherà l’anima degli altri tre protagonisti, la voluttuosa Andrée, la timorosa Giselle e l’indeciso Tony. Fin dalle prime scene l’atmosfera è grave.

L’aria è appesantita dalla ragnatela di crimini e inganni che macchiano l’anima dei protagonisti e che proprio il giudice dovrà risolvere. Infatti, Tony è sposato con Giselle, ma intrattiene una relazione extraconiugale con Andrée, così come anche il giudice tradisce la moglie con un’amante, e non sembra essere tutto qui. Il pathos accentuato, tipico delle opere francofone, accompagna un’analisi della natura umana quasi brutale per quanto è cruda.

In Tony (Fabio Troiano) troviamo un uomo che annaspa nella quotidianità. Un uomo piccolo e a tratti frustrato, ma che spesso cerca solo di fare la cosa giusta. Il giudice (Mattia Fabris) incarna la testarda ipocrisia di un peccatore che pontifica, ma che cela la disperata speranza di poter migliorare.

Invece Andrée (Irene Ferri) si avvale di un’armatura di fascino e impertinenza per proteggere un cuore deluso e tormentato. E così anche Gisele (Giulia Maulucci) nasconde le sue ferite cercando di sistemare una vita alla deriva.

È la regista Serena Sinigaglia a dirigere questa girandola di emozioni con l’aiuto dell’adattamento del testo ad opera di Letizia Russo. I personaggi interagiscono in modo dinamico, rivelando uno struggente bisogno di esprimere la loro interiorità, a volte sussurrando, altre gridando. Si fa luce, quindi, sui peggiori peccati umani, così come sui sentimenti più teneri. In una serie di flashback aggressività, rimorsi e passioni si riversano in quella stanza incastonata in un tempo ormai passato.

Fino ad arrivare ad un finale che mozza il fiato per quanto è impossibile da prevedere.

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