Luca Zingaretti arriva sul palcoscenico del Politeama Rossetti di Trieste fino al 18 dicembre nel ruolo duplice di interprete e regista di The Pride, un testo del drammaturgo Alexi Kaye Campbell che ha già calcato le scene al Royal Court Theatre di Londra.
Insieme a lui Valeria Milillo, Maurizio Lombardi e Alex Cendron.
The Pride è uno spettacolo costruito splendidamente con un’alternanza continua di due storie solo apparentemente distinte e separate che si svolgono una nel 1958 e l’altra ai giorni nostri.
In entrambe, i tre personaggi principali condividono gli stessi nomi e, per volere dell’autore, sono interpretati dagli stessi attori, a sottolineare che i personaggi di una storia sono le ombre di quelli dell’altra.
1958
Nel 1958 Philip (Luca Zingaretti) è sposato con Sylvia (Valeria Milillo), una ex attrice che dopo un esaurimento nervoso si dedica ad illustrare il libro per bambini scritto da Oliver (Maurizio Lombardi).
Già dal primo incontro scatta una “strana” alchimia tra i due uomini che si traduce in nervosismo ed apparente malessere per Philip, l’unico tra i due che non vuole cedere, per sconvenienza sociale, all’evidente rapporto affettivo che si sta instaurando con Oliver.
Ma nel 1958, solamente 60 anni fa e nella modernissima Londra, l’omosessualità era un “nemico pernicioso” che andava curato con terapia a base di apomorfina per associare il vomito all’attrazione omosessuale.
Le altre cose, non di natura sessuale… se ne andranno anche quelle?
2016
Nel 2016 invece stanco della sua incontrollabile infedeltà, Philip, un fotoreporter, lascia Oliver, il giornalista con cui ha una relazione da un anno e mezzo. Sylvia è l’amica comune che cerca di mettere pace nella coppia, tralasciando in parte la sua vita.
In questo spettacolo importante è la solidità drammaturgica ma ancora di più gli attori che sono “costretti” a continui cambi di registro nell’arco di pochissimi minuti per passare da un’epoca all’altra. In questi passaggi giganteggia Maurizio Lombardi passando dal timido e quasi invisibile omosessuale del 1958 al dirompente, comico, eccentrico gay dei giorni nostri tanto da sembrare trasfigurato, lasciando il dubbio talvolta di non trattarsi dello stesso attore.
In ambedue le storie Alex Cendron dà consistenza agli antagonisti consentendo il giusto incastro delle due vicende.
Molto cinematografico il passaggio da un’epoca all’altra con la proiezione dei titoli temporali in apertura ma soprattutto con un riuscito ed elegantissimo gioco di dissolvenze di entrate ed uscita dei personaggi da un’epoca all’altra.
Le scene sono di Andrè Benaim, i costumi di Chiara Ferrantini, le luci di Pasquale Mari e le musiche di Antonio Anecchino.
Un testo sull’amore; sull’amore per gli altri, indipendentemente dal sesso, ma soprattutto un amore per se stessi riuscendo a capire che, a volte, scegliere la “vita più facile” in realtà non fa altro che complicare le cose.
In scena al Politeama Rossetti di Trieste fino al 18 dicembre.
Per questo articolo le immagini sono state fornite dall’Ufficio Stampa dell’artista/manifestazione. Si declina ogni responsabilità riferibile ai crediti e riconoscimento dei relativi diritti.