A conclusione della prima giornata del Festival Internazionale del Cinema di Roma, nel Teatro Studio Gianni Borgna è stato proiettato “The Narrow Frame of Midnight” di Tala Hadid.
Nel suo viaggio per ritrovare il fratello perduto, Zacaria incontra Aicha, una bambina orfana rapita da una coppia di criminali intenzionati a venderla.
Salvata e portata via da un futuro di schiavitù, l’uomo la lascia alle cure di una donna, un suo vecchio amore, di sua conoscenza per poi ripartire alla ricerca del fratello.
Tralasciando le linee generali della storia, sta al pubblico scoprire gli elementi che costituiscono l’intera trama del film.
Un esempio di questo è proprio il fratello del protagonista. Di lui sappiamo che è stato in guerra, che è un “uomo di Dio”, che è passato per molte camere di tortura e che forse si trova in Iraq. Potrebbe essere diventato un jihadista o potrebbe essere accaduto tutt’altro. Purtroppo non lo sapremo mai con certezza.
Sogni onirici ed astrattezza guidano l’intera pellicola. Lunghe scene e movimenti lenti degli attori rilassano l’atmosfera della sala dando quasi l’impressione di stare osservando un mare calmo e piatto.
Qualcosa però non funziona.
La mancanza totale nel film di eventi significativi e di picchi emotivi rende la visione di “The Narrow Frame of Midnight” completamente inutile. Uscendo dalla sala non si riesce a provare nulla, né soddisfazione né rabbia. 90 minuti passati con lo sguardo perso verso l’orizzonte di un mare piatto. Molto bello ma anche molto inutile.
Se ricercate scene lunghe, condite con un’ottima fotografia, e poche emozioni forti per passare una serata nella rilassatezza totale, questo è il film che fa per voi.