Street art: a Bologna la bellezza “intrappolata” in un bello zoo

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Dal 18 marzo al 26 giugno 2016 le sale di Palazzo Pepoli, Museo della Storia di Bologna, ospiteranno una grande mostra intitolata  Street Art – Banksy & Co – L’arte allo stato urbano.

È prodotta e organizzata da Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, Genus Bononiae, Musei nella città e Arthemisia Group, curata da Luca Ciancabilla, Christian Omodeo e Sean Corcoran, su volontà del Professor Fabio Roversi-Monaco, Presidente di Genus Bononiae, e di un gruppo di esperti nel campo della street art. L’obiettivo è quello di avviare una riflessione ed un successivo dibattito sui principi e sulle modalità della salvaguardia e conservazione di questa forma d’arte.

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Rimandando le polemiche sul mancato coinvolgimento di alcuni artisti e sulla liceità di musealizzare la street art in altri luoghi, che non siano appunto le strade, si deve prendere atto che l’intento della mostra, di far conoscere ad un vasto pubblico questa particolare forma d’arte, è ben riuscito.

La location è particolarmente indicata allo scopo, infatti Palazzo Pepoli, dimora medievale di una delle più importanti famiglie dell’epoca, somma di diverse stratificazioni architettoniche succedutesi nel tempo, all’esterno presenta forme austere, la corte interna invece ha un aspetto etereo grazie all’intervento del 2012 degli architetti Mario Bellini e Italo lupi (per la parte grafica) che ha previsto l’inserimento di una torre centrale trasparente, contenente una più massiccia “in ferro” per l’ascensore, e copertura in vetro; dal punto di vista distributivo le sale sono legate in maniera organica in un percorso museale personalizzabile a proprio piacimento offrendo quinte sceniche sempre diverse, e se in una bella giornata di sole la luce naturale illumina le opere, con un pò di fantasia ci si dimentica di non essere nei posti dove queste sono nate.

Ci sono sono 300 writing, buona parte proveniente da altri musei o da collezioni private, includendo, mostra nella mostra, 150 graffiti donati nel 1994 dal collezionista e pittore statunitense Martin Wong al Museo della Città di New York. Le opere portano le firme dei più famosi writer di sempre: Banksy con lavori realizzati sui muri e lavori da galleria commissionati e commercializzati, Blu, il distacco delle cui opere ha destato tante polemiche, considerato tra i migliori street artist al mondo, i bolognesi Rusty, Dado ed il duo Cuoghi e Corsello che hanno realizzato opere per la mostra, i gemelli brasiliani Os Gemeos con ìl loro coloratissimo totem, Invaders coi suoi mosaici pop ispirati al famoso videogame ed altri ancora.

La mostra, curata nel dettaglio, con maestria e sapienza, si propone di rappresentare tutte le anime della street art e si articola in tre tematiche: città dipinta, città scritta e città trasformata.

Colpisce una cosa: nonostante si sia circondati da tanta bellezza, vedere opere intrappolate in cornici e teche fa pensare agli animali in gabbia allo zoo che, nonostante vedano il sole, non sono liberi di vivere nel loro habitat naturale…l’unica consolazione è che questo è un bello “zoo”.

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3 Commenti

  1. Complimenti la presentazione della mostra è davvero ben fatta,la si riesce quasi a immaginare. La questione sulla liceità della stessa rimane aperta,l’immortalità di un opera d’arte per gli amanti della stessa va preservata per gli street artist è contraria alla stessa idea di street art (ove il divenire della città non può non contemplare la fine di ciò che non è più attuale). Ma proprio il riconoscimento di opera d’arte,sublimando tali creazioni,forse le sottrae alla paternità artistica rendendole all’immortalita della condizione di patrimonio dell’umanità,come pietra grezza trasformata in diamante ed esposto in una teca alla pubblica ammirazione. Complimenti alla redattrice.

    • Grazie a Mara per l’impeccabile presentazione della mostra che ci da’capienzal del grande valore delle opere esposte (bello spunto di riflessione ) ma innegabilmente la mostra reitera la stessa operazione che portata su opere architettoniche e no dalle quali sii sono asportati pezzi per esporli nei musei strappandoli al contesto per cui erano stati creati, pratica oggi ripudiata generalmente . Mirella

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