Preparate pop-corn e rispolverate libri di storia perché inauguriamo questa nuova rubrica di cinema – che si occuperà di dare consigli di cinema raggruppando i film per tema – dalla satira che attraverso questi è stata fatta sui dittatori.

Questi non sono seri resoconti storici, ma deliri comici sul potere assoluto.

Il grande dittatore (1940)

Si parte dall’ovvio: un classico assoluto del cinema e la più famosa satira sul più famoso dittatore.

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Un film che anche inconsciamente vive nella memoria di tutti attraverso le sue scene più iconiche o quello straordinario monologo finale.

Un film che Chaplin gira quando ancora non si conoscevano appieno gli orrori della dittatura di Hitler e per cui in seguito Chaplin si scuserà: la rappresentazione dei campi di concentramento che lui poteva dare all’epoca non si avvicinava minimamente alla terrificante realtà.

Un film che vede un Chaplin, come spesso era, politico ma allo stesso tempo giocoso. Un film che noi all’epoca (e anche dopo) abbiamo importato pesantemente censurato per la comparsata denigrante che faceva Mussolini.

Un Chaplin col sonoro, che pronuncia alcune delle più memorabili battute della storia del cinema.

Perché vederlo: è cultura generale, gente. Come la Corazzata Potëmkin, solo che questo è un film che oltre a farvi fighi con i vostri amici hipster, provate reale piacere a guardarlo.

Il dittatore (2012)

Passiamo da un classico a un film che è ancora oggi accolto con reazioni miste.

Larry Charles alla regia e Sascha Baron Cohen alla recitazione e alla sceneggiatura sono insieme sinonimo di politicamente scorretto, quindi non è una sorpresa che anche questa sia una commedia al limite dell’offensivo, non adatta a tutti i palati.

Ma se si riesce a vedere oltre questo, ciò che resta è un’intelligente satira sulle dittature che però si interseca alla satira sulle democrazie, su quanto siano fragili e da proteggere; su come in particolare la democrazia americana non sia poi così differente nella pratica da quelle oligarchie che sostiene di combattere.

Perché vederlo: se vi piace l’umorismo dissacrante, ma soprattuto per il monologo finale.

Fascisti su Marte (2006)

Ok, in questo Mussolini appare solo in forma di busto ma resta comunque una delle satire su una dittatura più geniali di sempre.

Girato come un cinegiornale dell’epoca e narrato interamente da un Guzzanti fuori campo, è il finto documentario su come un manipolo di camicie nere abbia conquistato Marte.

Corrado Guzzanti al suo meglio rispolvera uno dei suoi personaggi più celebri – il gerarca Barbagli – per portarci una commedia brillante sull’ideologia fascista, i suoi toni macisti, le sue preteste coloniali, le sue retoriche di guerra e violenza.

E in questi tempi di revisionismi storici e nostalgie preoccupanti, ridere del fascismo potrebbe risollevarci la giornata.

Perché vederlo: a casa mia viene citato quotidianamente.

Morto Stalin, se ne fa un altro (2017)

Dopo la serie cult Veep, Iannucci ci porta un’altra satira politica, questa volta non sugli Stati Uniti ma sul dittatore sovietico.

E come suggerisce il titolo, il focus non è tanto la dittatura in sé – anche se si fa ampiamente satira sull’abitudine di Stalin di purgare il proprio circolo di sostenitori e il proprio popolo – ma piuttosto sul teatrino di ipocrisia e arrivismo che si scaturisce quando viene a mancare il centro di un potere assoluto, che deve essere rimpiazzato.

Tragicomica per quanto grottesca, è da notare anche che nessuno in questa pellicola parla in un hollywoodiano accento russo: si parla della dittatura sovietica, ma in modo più ampio anche di molti altri sistemi di potere simili; come testimonia il fatto che la pellicola è stata bandita nella “”democratica”” Russia di Putin.

Perché vederlo: Steve Buscemi, Michael Palin e Jeffrey Tambor sono solo tre esempi di un cast comico allucinante.

The interview (2014)

Considerato il recente annuncio di un possibile storico incontro tra il Presidente Trump e Kim Jong-un, questo film non poteva mancare in questa lista.

Se nel 2014 ci sembrava demenziale che una commedia di Seth Rogen e James Franco potesse generare un incidente diplomatico era perché ancora non eravamo abituati al delirio senza fine che è l’account Twitter di Trump.

La commedia infatti, che parla di come un’intervista della televisione americana con il dittatore nordcoreano si trasformi in un’occasione per ucciderlo, era finita sui giornali meno per i suoi contenuti e più per il tentato hackeraggio della Sony da parte del Nord Corea per impedire il rilascio del film.

La pellicola valeva questo sforzo? Meh.

I materiali per una satira brillante sulla dittatura coreana ci sono – specialmente per quanto riguarda il culto divino che caratterizza la famiglia Kim – ma troppo spesso le ottime premesse soffrono di una comicità bassa, sprecando l’occasione di dire qualcosa di interessante.

Perché vederlo: facciamoci qualche risata, anche se stupida, sulla pelle di Kim prima della guerra nucleare.

Lui è tornato (2015)

Considerato il recente remake italiano Sono tornato di Miniero, diamo un’occhiata al film originale: una commedia tedesca su un immaginato ritorno di Hitler nella Germania contemporanea.

La premessa da sola vale la visione e ovviamente i confronti tra la Germania nazista e quella di oggi si sprecano, soprattutto per quanto riguarda quei già citati sentimenti nostalgici.

Ma l’elemento forse più interessante è che, come era successo per Borat, una parte del film è stata girata senza copione, improvvisata sulla strada mentre ignari passati interagivano davanti a una telecamera nascosta con un Oliver Masucci che somiglia in modo impressionante al vero Hitler.

Perché vederlo: per ridere invece di piangere sui moti neonazisti dell’Europa di oggi.

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