Ieri al Teatro Miela la prima nazionale di Social Comedy ( Intrigo a Via Doganelli è il sottotitolo) di Maurizio Zacchigna, con la regia di Marko Sosič, inserita all’interno della rassegna S/paesati

L’esperimento nasce da un gruppo di attori di Trieste capitanati da Maurizio Zacchigna, prodotto da Mamarogi, ICS Consorzio Italiano di Solidarietà, Ufficio Rifugiati Onlus (una ONLUS che si occupa di richiedenti asilo presenti a Trieste), l’Associazione Culturale Spaesati, il Teatrino del Rifo, Bonawentura ed in collaborazione con il Rossetti, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.

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Social ComedyProprio ai richiedenti asilo presenti a Trieste si ispira Social Comedy, raccontando la quotidianità di quattro operatori più la responsabile di una Onlus, alle prese con l’ambiente cittadino, a volte accogliente ed a volte razzista e xenofobo nel momento dell’arrivo di un nuovo gruppo di profughi.

Il testo coglie nel segno l’obiettivo di sensibilizzare e raccontare una realtà importante come quella dell’accoglienza diffusa e che è preponderante nel periodo in cui viviamo e soprattutto in questa città.

L’immigrazione ed il meta-teatro

Lo spettacolo è ben creato e si sviluppa bene, grazie allo “teatro nel teatro” in cui il regista-autore si trasforma anche in personaggio. Ottimo il lavoro di Zacchigna in generale anche se il personaggio a cui da vita andrebbe definito meglio nonostante la sua buona caratterizzazione.

Promossi nel complesso i protagonisti maschili: gli operatori Renzo, sull’orlo di un burnout e interpretato da un sorprendente Adriano Giraldi, Davide e Luigi, interpretati rispettivamente da Daniele Fior e Manuel Buttus; Buttus protagonista di un applauso a scena aperta da parte del pubblico durante una sua scena.

Promosse con riserva Marcela Serli e Roberta Colacino. La prima tenta l’impresa di sottolineare la duplicità attrice-personaggio non riuscendoci fino in fondo però, a impressione di chi guarda, la seconda dà vita a un personaggio sì interessante ma che non mantiene fino alla fine una coerenza.

Auguro a questo esperimento, che necessita sicuramente di rodaggio e di qualche modifica strutturale, lunga vita e che arrivi a più realtà possibili per raccontare il lavoro che c’è dietro l’accoglienza ma anche le paure e di queste persone che lasciano tutto nelle terre d’origine per cercare una maggiore libertà personale, come nel caso raccontato in Social Comedy.

Questo scrive una spettatrice di ieri, io mi trovo d’accordo e rinnovo il suo invito:

Uno spettacolo che comunica più di tanti seminari, più di tanti dati e report, parla di un vissuto vero e senza filtri, parla al cuore e alla testa e per questo invito con vero piacere a vederlo.

 


Per questo Articolo le immagini sono state fornite dall’ufficio stampa dell’artista/spettacolo. Si declinano per tanto ogni responsabilità relative ai crediti e diritti.

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