“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” (W. Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I)
In preda ad una impetuosa Tempesta, gli spettatori del Rossetti diventano naufraghi approdati su un’isola incantata dove il confine tra realtà e magia è labile.
È l’acqua a dominare la scena, scende incessantemente e i personaggi ci sguazzano dentro. È vita eppure stessa dannazione e prigione.
Prospero (Renato Carpentieri) raggira gli elementi a suo piacimento servendosi anche dei fedeli spiriti invocati: primo tra tutti Ariel (Filippo Luna), spiritello del vento. Vivono con lui la dolce figlia Miranda (Giulia Andò) e la creatura mostruosa di nome Calibano (Vincenzo Pirrotta).
Prospero, spodestato in quanto legittimo Duca di Milano,-trono usurpato dal fratello Antonio (Paride Benassai)- mette in atto un’atroce tempesta per far naufragare appunto il fratello Antonio, Alonzo che è il Re di Napoli (Francesco Villano), il figlio Ferdinando (Paolo Briguglia) e il fedele consigliere Gonzalo (Gianni Salvo).
Si intreccia così una storia d’amore tra Ferdinando e Miranda, un complotto per far fuori Prospero intessuto da Stefano e Trinculo (due ubriaconi) con l’aiuto di Calibano e la magia che domina il Fato.
Lo spettacolo è diretto magistralmente da Roberto Andò che si mette alla prova con un mostro sacro del teatro: Shakespeare. Afferma che “l’essere umano è destinato a convivere con la tempesta e che dopo ogni tempesta bisogna far chiarezza dentro se stessi”.
Non è un caso infatti che la commedia si concluda con una riflessione sul Perdono e sul suo potere salvifico.
Viene abbandonata la rozza magia, la musica celestiale che rapisce i sensi cessa e ci si chiede se non è forse essenziale perdere la ragione per poterla ritrovare più salda in ciò che si è.
Gli attori sono di una preparazione encomiabile, si scontrano con personaggi difficili e peculiari. Abbiamo un intenso Prospero che attua un labor limae per eliminare il superfluo. Ariel è un maggiordomo che sogna la libertà ed è servile e attento e la sua mimica gli permette di catturare l’attenzione del pubblioco durante ogni scena. Abbiamo un Calibano che fa accapponare la pelle, è un mostro, un pazzo a tratti demoniaco. La sola sua interpretazione varrebbe lo spettacolo intero.
Uno spettacolo che propone “gioia al di là di ogni gioia”, uno spettacolo che merita mani generose per far scrosciare una pioggia di applausi. Sarà in scena fino al 15 dicembre al Politeama Rossetti di Trieste, non perdetelo!