Al Museo Civico Sartorio in esposizione un punto di vista particolare di Trieste.

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“Eterno femminino. Arte a Trieste tra fascino e discrezione 1900 – 1940”
La mostra, a cura di Federica Luser, Michela Messina e Alessandra Tiddia al Museo Sartorio, propone un seducente viaggio tra una trentina di ritratti femminili di donne triestine dei primi decenni del ‘900 provenienti dal Museo Sartorio, dal Museo Revoltella e da collezioni private di Trieste, tra cui la Fondazione CRTrieste.

La mostra
È un punto di vista diverso quello proposto da questa esposizione: Trieste viene vista nella sua intimità, nei volti e nei corpi di donne di quella borghesia cosmopolita e pluriconfessionale che ha contribuito alla crescita economica e culturale della città nel diciannovesimo secolo e nel primo ‘900. Quello che emerge lo specchio della borghesia femminile triestina di allora: discrete ma allo stesso tempo, enigmatiche e ambigue, indipendenti e sicure di loro stesse.

La scuola di artisti triestini e le opere

Franco Asco, Antonio Camaur, Glauco Cambon, Bruno Croatto, Cesare Cuccoli, Oscar Hermann Lamb, Mario Lannes, Pietro Lucano, Giannino Marchig, Piero Marussig, Giovanni Mayer, Argio Orell, Gino Parin, Nino Poliaghi, Arturo Rietti, Ruggero Rovan, Edgardo Sambo, Carlo Sbisà, Cesare Sofianopulo, Vito Timmel, Carlo Wostry sono gli autori delle opere scelte per questa esposizione. I pezzi in mostra sono tutti dei primi quattro decenni del XX secolo: si tratta di anni di grandi cambiamenti, sospesi tra entusiasmo e tragedia a causa delle grandi trasformazioni che stava attraversando la città. Nelle opere sono riconoscibili riferimenti al simbolismo, al postimpressionismo, all’art déco e allo stile del Realismo Magico. Ma ciò che lega tra loro le opere e queste alla città di Trieste è il fascino riservato ma allo stesso eccitante, quella famosa “scontrosa grazia”.

Cesare Sofianopulo, Ritratto di Luciana Valmarin, 1927, collezione privata

Cesare Sofianopulo e Luciana Walmarin

Il ritratto di Luciana Walmarin ad opera del pittore Cesare Sofianopulo è quello che fa trasparire di più l’inquietudine di quegli anni e questi luoghi. Luciana Walmarin (Trieste, 7 agosto 1901- Salò, 31 agosto 1961) è una misconosciuta femme fatale triestina, della famiglia della buona borghesia ebraica, di matrice irredentista e legata da amicizia con Italo Svevo. Durante la sua vita tesse anche un rapporto con il sessantenne Gabriele d’Annunzio, intreccio amoroso che l’ha consegnata alla storia come la «contessa triestina scandalosamente divorziata» che «si vedeva sfrecciare a Gardone su una decappottabile rossa». Nel ritratto di Cesare Sofianopulo la Walmarin osserva lo spettatore con sguardo altezzoso ma al contempo malinconico, gli occhi sono cerchiati in azzurro e ricordano i ritratti della marchesa Luisa Casati Stampa. Le sue dita hanno l’aspetto di artigli malefici che, associati all’inquietudine del volto caratterizzato da un pallore lunare, hanno fatto sì che all’opera sia attribuito il sottotitolo Vampiro o La Vampira.

Oscar Hermann Lamb, La coppa verde, 1933, collezione privata

Oscar Hermann Lamb e la coppa verde

L’immagine eletta rappresentativa della mostra rappresenta due conturbanti figure in stile Art Decò: “La coppa verde“ narra la femminilità misteriosa e ambigua. La messa in scena è rigorosa e perfetta; è un’immagine sospesa nel tempo. I corpi vengono dipinti su uno sfondo vuoto perché si vuole che l’attenzione venga rivolta solo ed esclusivamente a loro. Vengono rappresentati solo una colonna e la coppa di vetro verde alla destra come unico elemento narrativo del dipinto. Le due donne dallo sguardo sfidante rappresentano, invece, l’attrattività intrigante dell’eterno femminino: confondente è lo sdoppiamento della figura che raffigura i plurimi aspetti della donna, quello seduttivo affiancato a quello erotico.

Altre opere esposte

Bruno Croatto, Ritratto di giovane donna in abito nero, 1931 Collezione d’Arte della Fondazione CRTrieste
Gino Parin, Vanità, 1927 ca, collezione privata
Ruggero Rovan, Il sorriso, 1910, Museo Revoltella


Da menzionare anche le opere di Bruno Croatto “Ritratto di giovane donna in abito nero” del 1931 proveniente dalla Collezione d’Arte della Fondazione CRTrieste, “Vanità” di Gino Parin di un fortunato collezionista privato e la ben conosciuta scultura de “Il sorriso” a opera di Ruggero Rovan già esposta nel nuovo allestimento del Museo Revoltella. Scultura e pittura quindi si intrecciano nelle sfavillanti sale del Museo Sartorio, un luogo ideale per l’esposizione di questi capolavori della scuola triestina che negli interni di questa dimora storica vengono idealmente restituiti all’atmosfera per i quali erano stati concepiti.

Museo Civico Sartorio – Dimora storica


Largo Papa Giovanni XXIII, 1 – Trieste
“Eterno femminino. Arte a Trieste tra fascino e discrezione 1900 – 1940”
fino al 1° aprile 2024 – ingresso libero

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