Due solisti di altissima statura internazionale come il violinista serbo Stefan Milenkovich e il giovane violoncellista Ettore Pagano, impreziosiscono il secondo concerto, eminentemente romantico, del Verdi di Trieste con l’orchestra guidata da Hartmut Haenchen, vera colonna portante del grande sinfonismo tedesco e bacchetta wagneriana di riferimento da Bayreuth alla Scala o Royal Opera House e Opera de Paris, per una stagione davvero al centro della scena musicale europea.

Programma davvero intrigante per il secondo appuntamento sinfonico del Verdi, pensato sul fil rouge di un’anomalia creativa in entrambe le composizioni proposte, nonché del rapporto complesso che unì i due monumenti del Romanticismo tedesco attraverso il mutuo rapporto con Clara Schumann, le cui testimonianze epistolari sono infatti una delle maggiori fonti di informazione sulla genesi irregolare dei due testi musicali proposti il 5 ottobre. Il concerto si apre con l’ultima creazione sinfonica di Brahms, detto spesso Doppio Concerto e datato 1887. Composto per riallacciare i rapporti con il grande violinista Joseph Joachim, come testimonia Clara Schumann definendolo “Opera di riconciliazione”, esso si rifà al genere della sinfonia concertante per più strumenti solisti, forma musicale assai in voga nel Settecento ma abbandonata in epoca romantica e assai poco rappresentata anche nelle stagioni di oggi, quindi assai apprezzabile la sua presenza al Verdi, peraltro affidata a due solisti e direttore di altissima statura come Stefan Milenkovich al violino, Ettore Pagano al violoncello e il veterano del repertorio tedesco Hatmut Haenchen sul podio.

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Segue poi la giovanile Sinfonia N.4 di Schumann, composta di getto in soli quattro giorni e che lasciò a lungo Schumann indeciso sul nome tra Sinfonia e Fantasia Sinfonica, poi rivista leggermente dopo un debutto non fortunatissimo, che non scalfisce però oggi per i posteri la sua fama di originalità ed interesse, pur non essendo mai entrata tra il repertorio più di routine nelle stagioni.

A ciò si aggiunge la perfetta e ben collaudata intesa tra Haenchen e l’orchestra del Verdi, compagine in costante rinnovamento ma sempre più legata ad un suono unico e identitario, caratteristica preziosissima e spesso perduta anche da orchestre di lunga tradizione storica. 

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