Se mi addormento mi tieni per mano? di Vittorio Di Rocco

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Le vite cambiano, crescono e si evolvono, proprio come la danza!


“Erano le sei del mattino quando, come spesso mi succedeva da bambino, infilai le scarpe da ginnastica per andar a correre tra i campi di granoturco, in una zona chiamata Santa Lucia, poco fuori dalla città”.

Inizia così il romanzo d’esordio di Vittorio Di Rocco.

Una storia supportata da una scrittura lucida, agile e scorrevole che parla di arte, di coraggio, di ispirazione, tenacia, ma soprattutto di speranza.

Pagine che aiutano il lettore a crescere, ma al tempo stesso a rimanere ancorati agli anni della spensieratezza, e che, anche da lontano, continua ad infondere quell’autentico sentimento di aspettazione fiduciosa nella realizzazione. Una storia a più voci, che spazia tra passato e presente, tra certezze e ricordi.

A volte quest’ultimi trasmettono malinconia e nostalgia come fossero una canzone del cuore che all’improvviso si ode in lontananza, oppure fotografie ingiallite di un vecchio album da conservare gelosamente.

La storia di Di Rocco è creata da più fili, più vite, che alla fine si intersecano in un’unica tavolozza dove i colori appaiono in ogni loro tonalità, come contraltari dell’esistenza. Un affresco in cui le figure si scoprono via via che si procede nella lettura, e che alla fine rivelano una trama fitta di incontri, passioni, viaggi, affetti, perdite, lavoro, accadimenti storici, e segreti celati dal tempo.

Queste caratteristiche diventano soglie di non conoscenza del nostro “dopo”, sono inevitabili e possono portare a turbamenti, ma al contempo sono anche un luogo per la variazione del potenziale, per resistere oltre all’idea di sospensione che spesso circonda la personale quotidianità. In questo tempo di attesa si fa preponderante l’uso del corpo, quel corpo che danza in costante trasformazione, spaziale e toccante.

L’autore ci mostra dunque che “passo dopo passo” mediante l’arte, la bellezza (finanche il dolore) e la consapevolezza le barriere si possono abbattere, e gli stati emozionali profondi sono superabili grazie alla danza, che come la fantasia, non mostra mai confini.

L’autore

L’autore, Vittorio Di Rocco, si diploma nel 1990 presso il “Centre International de dance Rosella Hightower” a Cannes.

Nel 1991 vince il premio d’interpretazione al concorso “Prix Volinine” a Parigi ed inizia la sua carriera di ballerino solista lavorando in diverse compagnie europee (fra gli altri Pamela Plaire, Grand Théatre a Limoges, Metz, Bordeaux, Nancy).

Dal 1993 lavora al Teatro di Erfurt in Germania dando inizio alla sua attività di coreografo.

Nel 1997 viene ingaggiato dal Ballet de l’Opéra de Nice dove, sotto la direzione di Marc Ribaud, si cimenta in diversi stili: Marc Ribaud, Nils Christe, Richard Wherlock, John Cranko, Youri Vamos, Myriam Naisy, Robert North, Mauricio Wainrot, Hans Van Manen. Di Rocco prosegue la sua brillante carriera fregiandosi nel 2000 della partecipazione al “Béjart Ballet Lausanne”.

Nel 2003 consegue il “Diplome d’Etat de professeur de danse” e, rientrato in Italia, nel 2004 ottiene il Diploma di Stato per l’insegnamento della Danza Classica e Contemporanea.

Ha insegnato presso diverse Accademie (Scuola di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma diretta da Paola Jorio, Scuola del Balletto di Roma diretta da Franca Bartolomei, Balletto di Roma diretto da Walter Zappolini, Maison de la Danse diretta da Denis Ganio, Scuola del Balletto di Torino diretta da Loredana Furno, MAS di Milano, I.A.L.S, Centro A.I.D. Molinari, Crazy Gang, Kledi Dance e Cinecittàcampus diretto da Maurizio Costanzo). Ha coreografato in Germania per il Balletto di Erfurt diretto da Jurgen Heiss; in Francia per le Ballet de l’Opéra de Nice diretto da Marc Ribaud, le Jeunes Ballet de Cannes diretto da Monique Loudières e il Centre International de Danse Rosella Hightower diretto da Monique Loudières partecipando come Coreografo al Festival Made in Cannes.

In Italia per il Balletto ’90 Roma diretto da Paola Catalani e per il “Dance Festival Machine” al Teatro Arcimboldi di Milano. Nel 2009, in onore del Centenario del Futurismo Italiano, è stato scelto da Carla Fracci e Beppe Menegatti per una sua opera inedita al Teatro dell’Opera di Roma.

Nello stesso anno ha realizzato, con la regia di Matteo Luchinovich, il cortometraggio “Alice vuol dire bugie”, primo premio al festival Mediterrante nella sezione cortometraggi. Attualmente è docente di Danza Classica e Contemporanea presso varie realtà e tiene seminari in Italia e all’estero.

“Il pensiero diventa movimento e azione ed è il corpo che parla e racconta la mia storia, i miei sentimenti, le mie emozioni. Ognuno di noi ha una storia e sono appunto queste storie che raccontano la storia dell’uomo.”

Disponibile su Amazon in versione cartacea e ebookwww.vittoriodirocco.com

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