Laura Curino, una fra le maggiori interpreti del teatro di narrazione, interpreta tutte le protagoniste di “Scintille” in una virtuosistica prova d’attrice. Lo spettacolo scritto e diretto da Laura Sicignano racconta una storia realmente avvenuta e invoca il diritto alla dignità e alla sicurezza dei lavoratori. In scena dal 21 ottobre al Politeama Rossetti, per il cartellone “Prosa” del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia”.

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«Caterina, la madre che non avrebbe mai voluto partire, che è quindi aspra, dura, conta- dina di poche e taglienti parole; Lucia, la primogenita, che è invece entusiasta, che fa scintille di felicità per essere uscita dal paese (un generico Nord Italia di inizio Novecento); e poi c’è la sorella minore Rosa, che ha 13 anni e che invece è timidissima e imbarazzata dal fatto di lavorare a fianco di alcuni uomini. Poi invece ci sono le scintille di Dora, un’immigrata russa che fa scintille di protesta: è la più politicizzata, anche se non ancora sindacalizzata. Quelle di Dora sono scintille di consapevolezza per migliorare le condizioni di vita e di lavoro nella fabbrica».

Laura Curino tratteggia così i profili delle donne cui dà vita, nel corso di “Scintille”, di cui è la sola protagonista e dove offre una prova d’attrice plurima e davvero potente, modificando carattere continuamente, con coerenza e forza.

Chi non avesse ancora avuto modo di ammirare la maestria e il talento di questa artista, ha qui un’occasione preziosa: si tratta infatti di una delle maggiori interpreti del teatro di narrazione italiano, un pilastro sulla scena dell’innovazione (è stata fra i fondatori del Teatro Settimo), il cui talento è riconosciuto e premiato da pubblico e critica (ha ricevuto  il Premio Ubu, il Premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro e il Premio Hystrio per la drammaturgia).

Ma “Scintille” non è solo interessante dal punto di vista scenico: grazie alla costruzione drammaturgica di Laura Sicignano, è un testo che rende gli spettatori partecipi di un importante e drammatico evento del passato, che continua a riverberare significative questioni e riflessioni sulla contemporaneità. Si parla infatti di lavoro, di diritti, di dignità: temi che non sono mai scontati né superati.

Le protagoniste che Laura Curino così intensamente porta in scena, sono infatti delle lavoratrici: camiciaie, quattro delle 600 persone (soprattutto donne) impiegate alla fabbrica Triangle Waistshirt Company di New York. Sono per lo più giovani, di differenti nazionalità e provenienze: sanno cucire velocemente, ma non parlano ancora bene l’inglese… Ne conoscono qualche parola, quelle fondamentali per sopravvivere e trovare una vita migliore nel nuovo mondo, dove sono approdate seguendo una strada di emigrazione percorsa da milioni di persone.

È il 25 marzo del 1911, manca un quarto d’ora alla fine della giornata di lavoro, all’ottavo piano del grattacielo che ospita la fabbrica di camicie. I proprietari pretendono che le operaie cuciano fino all’ultimo minuto dell’orario di servizio e per questo le porte sono sbarrate. Una scintilla però sconquassa il regolare andamento di quella giornata: da una delle lampade a gas sopra le macchine delle lavoratrici, esce una scintilla, incendia gli scampoli, le camicette, poi l’edificio…

In 18 minuti la tragedia si compie: una scala d’emergenza crolla sotto il peso delle operaie in fuga, non c’è modo di aiutare le donne dall’esterno. Muoiono in 146: Caterina sopravvive alle figlie e racconta. Racconta un evento che diviene un punto di svolta, uno degli episodi da cui nasce la Festa della Donna. Un evento che invoca anche oggi attenzione al diritto alla dignità e alla sicurezza dei lavoratori.

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