Giovedì 12 novembre ha fatto il suo debutto al Teatro Brancaccino di Roma, il nuovo spettacolo del talentuoso autore, attore e regista, Giancarlo Nicoletti. #salvobuonfine è il titolo enigmatico della pièce teatrale.
Trae origine dal nome del protagonista ventenne, Salvo Buonfine, ma sembra anche alludere in qualche modo ad altro…forse al rischio e al pericolo insiti nell’operazione bancaria del “salvo buon fine”? Il giovane Salvo potrebbe metaforicamente comportarsi come un assegno scoperto?
Di certo possiamo dire che tensione e inquietudine non mancano nell’opera in cui si intrecciano le vicende di Salvo, sua madre Anita, della sua migliore amica Clara e di Lorenzo e Dario, due amici gay.
Tante le tematiche che bollono in pentola e tanti i livelli di lettura che si possono dare. Salvo incarna, per certi versi, le ansie e le paure di un adolescente un po’ cresciuto, ossessionato dall’apparenza, da ciò che è figo e non è figo e che evade nella droga e nell’alcol. Il suo vero dramma è che sente di essere in un modo, ma si rifiuta di accettarsi per non scontrarsi con i pregiudizi e i luoghi comuni imperanti sull’omosessualità. Il comportamento di Salvo è quindi incoerente, contradditorio, schizofrenico e a tratti aggressivo e cattivo. Tutto questo si esaspera quando si innamora di Lorenzo, intellettuale in carriera. Tra i due una grande passione, quella irrazionale e incontrollabile degli opposti che si attraggono, ma sarà difficile viverla pienamente…
Intanto sullo sfondo agiscono altri personaggi con altrettante complesse realtà. Anita ha 37 anni ed è una donna impegnata negli affari che ha cresciuto da sola e con fierezza Salvo. Nell’incontro con Enrico non riesce a lasciarsi andare e cerca di controllare le sue fragilità con l’ossessione dell’ordine e della precisione. Sembra che il controllo dell’esterno rassicuri anche l’interno. Nel momento in cui pensa di essere stata pugnalata alle spalle da Enrico si lascia andare ad uno sfogo lacerante sul suo essere stata donna sola e cosa sia il bisogno di essere amati.
L’occhio critico e impietoso di Nicoletti, autore e del regista, scava in profondità in ogni personaggio facendo emergere conflitti e nevrosi dell’individuo e situazioni paradossali che ne scaturiscono . Emerge un quadro piuttosto complesso di uno spaccato di vita contemporanea ancora pregna di ignoranza e pregiudizi rivestiti da un sottile perbenismo. Il progresso sembra toccare tante sfere, ma ancora poco quella culturale. Allo stesso tempo in quest’ acuta analisi non c’è compiacimento né vittimismo nel parlare di omosessualità, c’è lo spietato realismo di chi fa anche autocritica: se si resta nascosti nei luoghi “deputati” ai gay, la gente non capirà mai che non si tratta di una categoria di persone a parte, ma di esseri umani che ci vivono accanto. A questa conclusione giunge il personaggio di Dario, che ha il ruolo di alleggerire e sdrammatizzare i toni di una questione ancora non facile da trattare.
Un vero capolavoro, è così che possiamo definire #salvobuonfine che sarà in scena al Teatro Brancaccino ancora fino al 22 novembre. La scorsa stagione teatrale avevamo già assaggiato le doti geniali dell’ autore, attore e regista Nicoletti con lo spumeggiante Festa della Repubblica. Nemmeno questa volta ci ha deluso la sua spiccata capacità di analisi e osservazione del mondo contemporaneo.
Il risultato è perfetto: un’opera teatrale penetrante, coinvolgente, lacerante e nel finale agghiacciante. Il cast convince e stupisce per la bravura. A vestire i panni di Salvo un giovane e talentuoso Riccardo Morgante che si è mostrato all’altezza di un ruolo così arduo. Straordinaria anche Valentina Perrella, che è riuscita a passare dal ruolo caricaturale della studentessa universitaria grossolana, arrivista e senza scrupoli di Festa della Repubblica, a quello della donna adulta, autonoma, elegante e raffinata, impegnata negli affari ma nel contempo madre single presente e affettuosa. Un applauso anche ad Alessandro Giova, calato nei panni di Dario. Avevamo già apprezzato anche lui in Festa della Repubblica con il personaggio dell’intellettuale disilluso, Vittorio. Ha riconfermato la sua bravura evitando non solo il rischio di cadere in atteggiamenti caricaturali e stereotipati, ma suscitando spesso il riso del pubblico in sala per la carica ironica del suo ruolo. Ottima interpretazione anche quella di Chiara Oliviero che presta il volto a Clara. Una recitazione a luci intermittenti, invece, quella di Luciano Guerra che in alcune scene dà il meglio di sé catturando l’attenzione del pubblico ed emozionando, in altri momenti la recitazione assume un tono retorico, come nella scena finale della telefonata con Salvo che gli comunica che…..Peccato invece per l’interpretazione stereotipata e poco convincente di Antonello Angiolillo che non coinvolge ed emoziona nelle vesti di Enrico e del suo amore per Anita. Tuttavia se si considera il prodotto nella sua interezza, si tratta di inezie. Queste criticità non scalfiscono minimamente la forza comunicativa del testo e le ottime scelte registiche di Nicoletti, che unite ad un riuscitissimo disegno luci approdano ad un risultato straordinario.