LA SERIE CHE NESSUNO AVREBBE MAI PRODOTTO IN AMERICA
La storia
È il 1999, sulla rete britannica Channel Four va in onda la controversa miniserie Queer as Folk, che racconta la vita di tre giovani uomini gay.
È sboccata, grafica ed esplicita e da ogni parte raccoglie opinioni contrastanti: da chi la ritiene l’ultima frontiera della rappresentazione della sessualità nei media, a chi la mette sulle stesso piano di uno squallido prodotto pornografico. Ma una critica più di tutte diventerà cruciale: sulla stampa americana un giornalista definisce Queer as folk come
la serie che nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di produrre in America.
A raccogliere la sfida sono Ron Cowen e Daniel Lipman, coppia nella scrittura e nella vita privata, conosciuti per aver scritto e prodotto An Early Frost, il primo film in assoluto ad aver affrontato il tema dell’AIDS quando ancora la malattia non aveva neanche un nome.
Ma il riadattamento che presentano è anche più controverso dell’originale: il cast è formato da sette personaggi principali- cinque uomini gay e due donne lesbiche- e le vicende sono ambientate a Liberty Avenue, il quartiere gay di Pittsburgh. Perciò quasi non esiste inquadratura nella serie che non comprenda in lontananza due uomini che si baciano o la bandiera arcobaleno che sventola.
Gaiezza ovunque insomma. Senza contare le scene di sesso: tante, esplicite, quasi pornografiche.
A credere nella sfida è Showtime, un canale via cavo che in quegli anni è impegnato nella lotta con un altro canale via cavo- HBO- per chi trasmette i programmi più progressisti e politicamente scorretti.
Ma il casting è un incubo.
Le agenzie si rifiutano di far presentare i loro attori, i manager sconsigliano la parte: il progetto è troppo rischioso, in grado di distruggere carriere. Alla fine il cast viene messo insieme per miracolo grazie alla volontà di attori che lo volevano a tutti i costi- uno si paga da solo il biglietto aereo per arrivare al provino, un altro convince il suo manager dicendogli che piuttosto che vedere recitare un altro in quel ruolo si sarebbe ucciso, una terza telefona direttamente a Showtime per assicurarsi la parte.
I problemi però non sono finiti: quando la serie debutta nel 2000 la critica è spietata e accesa, sulla stampa nazionale diversi giornalisti scommettono quante puntate riusciranno ad andare in onda prima della cancellazione (tre, quattro?), mentre il cast riceve briefing sulla sicurezza in caso di bombe e attentati.
Fast forward al 2005. Queer as folk lascia gli schermi americani ormai alla sua quinta stagione, e lo fa nel momento di massimo audience- ormai è il telefilm più seguito della rete- e con la consapevolezza dei suoi produttori di aver per sempre cambiato il volto della televisione americana.
LA RAPPRESENTAZIONE CONTA: un sacco di prime volte
Il più grande vanto dei produttori di Queer as folk fu quello di aver per la prima volta nella televisione americana dato anima e corpo a personaggi omosessuali. Anima perché erano persone a tutto tondo, e non più i comic relief o macchiette da sit-com.
Avevano pregi e difetti, ambizioni, paure, vite sentimentali e professionali. E corpo perché per la prima volta in assoluto si rappresentava l’amore tra persone dello stesso sesso in maniera completa, dai sentimenti alla fisicità. Si spazzava via lo stereotipo della checca asessuata migliore amico della protagonista e si metteva in scena un essere umano completo, per la prima volta protagonista e che con lasciava allo spettatore etero nessun ‘personaggio giuda’, nessuno con cui identificarsi per navigare in un mondo sconosciuto.
Queer as folk divenne poi il palcoscenico per l’inizio di molte discussioni importanti: i matrimonio tra persone dello stesso sesso e l’omogenitorialità, il coming out e il rapporto con le famiglie, il rapporto tra comunità LGBT+ e religione, le battaglie politiche, la sieropositività, i conflitti all’interno della comunità omosessuale, il mondo delle marchette, la discriminazione sul luogo di lavoro, il bullismo e le aggressioni.
TUTTO RUOTA INTORNO AL SESSO: la scelta di stile
La famosa prima battuta della prima scena della serie- tutto ruota intorno al sesso- subito ci immerge nello spirito di Queer as folk: il sesso è una componente fondamentale della narrazione, in ogni sua sfaccettatura. Non solo perché per la prima volta vediamo due uomini o due donne vivere la loro fisicità, ma per il modo rivoluzionario e pervasivo con cui la tematica del sesso veniva trattata: il modo di approcciarsi alla sessualità diventava parte della trama, caratterizzazione stessa del personaggio.
Una scena di sesso poteva descrivere un rapporto o rappresentare un sentimento. Il sesso si calava nei dialoghi, come punch line di qualche gag, o era serio e doloroso quando si discuteva di malattie sessualmente trasmettibili- su tutte HIV e AIDS-, trasformando molte puntante in campagne promozionali per il sesso sicuro. Si discuteva la cultura della pornografia e la monogamia nei rapporti di coppia. E più di tutto diventava affermazione della libertà individuale al di fuori della morale tradizionale.
Perché che fosse la promiscuità di un’orgia o la scena d’amore tra i due compagni di una vita, lo sguardo della sceneggiatura e della telecamera non era mai giudicante, per la prima volta neutrale nelle scelte di vita dei suoi personaggi.
È SOLO SESSO: i temi
Ma proprio per la sua natura tabù, il sesso di Queer as folk si fa dichiarazione politica. Gli sceneggiatori affermarono in diverse interviste che la quantità di nudità era voluta proprio in un’ottica normalizzante: speravano che il pubblico, continuamente bombardato da queste immagini, avrebbe alla fine realizzato che quello tra due uomini o due donne era ‘solo sesso’, non diverso da quello di chiunque altro.
Non era quindi qualcosa per cui valesse la pena condannare all’inferno o al carcere, negare diritti o emarginare, scannarsi nei parlamenti.
E la serie è spesso politica, scimmiottando i nomi di qualche attivista o storpiando quelli di proposte legislative che in quel momento si stavano discutendo, in un America che per la seconda volta eleggeva Bush, un presidente apertamente anti-LGBT.
Ed era politica non solo nei confronti della maggioranza eterosessuale, ma anche nei confronti della comunità LGBT stessa, una dei critici più feroci della serie. Queer as folk dava fastidio all’elite della comunità gay, che vedeva come pericolosa per le loro battaglie civili la rappresentazione di alcune parti della comunità: la vita notturna e delle discoteche, la promiscuità, la prostituzione.
Tutto questo poi in un momento cruciale per la comunità LGBT americana: il passaggio dalle proteste degli anni ’80 e ’90, l’uscita della pandemia dell’AIDS e dall’atteggiamento auto emarginante che difendeva la legittimità della propria esistenza attraverso un importante ripiegamento identitario; e gli anni 2000, che vedevano il sorgere dell’assimilazione, la volontà di essere come la maggioranza, avere gli stessi diritti e condurre le stesse vite.
A questo proposito, cruciale nella serie è la dicotomia dei due migliori amici Brian e Michael: il primo eterofobo e promiscuo, vive una vita dedicata allo sbattere in faccia con orgoglio al prossimo la propria omosessualità, nel rifiuto tutto ciò che è vagamente legato alla cultura eterosessuale, amore e famiglia compresi.
Il secondo romantico e sentimentale, in cerca del principe azzurro, lo troverà in un uomo sieropositivo e nonostante l’ostacolo della malattia deciderà di costruire con lui un matrimonio e un progetto di famiglia con una bella casetta in una zona residenziale.
la gente venne per i froci (queer) e rimase per le persone (folk).
il successo
Ma forse la cosa più straordinaria della serie è che rimase in onda per ben cinque anni, raccogliendo un audience numeroso e variegato, che comprendeva oltre alla comunità LGBT anche una grossa fetta di pubblico eterosessuale.
E tutto questo non sarebbe stato possibile basato solo sulla controversia, sulla scena politicamente scorretta, sull’ultimo titolo di giornale. Quello fu il motivo per cui la gente si sintonizzò sul primo episodio- capire che cosa c’era di così scabroso- ma la ragione per cui il pubblico restò e continuò ad aumentare è la stessa che caratterizza tutta la narrativa seriale, e che alla fine dimostrava che Queer as folk non era diversa da altre soap opera, se non per il fatto che parlava di qualcosa di cui non bisognava parlare.
Perché ciò che in definitiva resta dalla sua visione è un cast di personaggi che si fa amare, un senso di familiarità dei luoghi e dei rapporti e la vita di persone di cui ci importa.
Come ben descrisse in una famosa intervista Peter Paige, membro del cast, parafrasando il titolo dello show:
la gente venne per i froci (queer) e rimase per le persone (folk).
TOGLIERE IL CEROTTO: l’eredità
A guardarla oggi Queer as Folk non sembra essere invecchiata di un giorno. Anche se i tagli di capelli e porno in videocassetta ci ricordano l’anno, i temi trattati e il tono sembrano usciti da un serial recente piuttosto che da un fossile televisivo.
Questo perché, nonostante i suoi difetti di scrittura, Queer as Folk era avanti quindici anni nella narrativa televisiva. Come spiegarono i produttori esecutivi, quello che fece questa serie fu ‘togliere il cerotto’.
Negli anni ’90 c’erano stati i primi tentativi di portare in televisione una narrativa meno soggetta alla morale e alla censura, meno rivolta all’intrattenimento della famiglia o della casalinga, e più incentrata su una scrittura matura e cruda, che affrontasse argomenti difficili in modo difficile. Cioè fare della televisione ciò che è oggi: un media di innovazione narrativa, discussione sociale e story telling di qualità.
E in parte questo è stato possibile proprio grazie a Queer as folk, che prese quei primi tentativi e fece tutto il resto del lavoro, strappando il cerotto: dopo Queer as folk si poteva fare tutto, perché tutto era già stato fatto. Che lo si ritenga un fatto positivo o negativo, una discussione matura e non censurata sul sesso è entrata nelle nostre televisioni grazie a questa serie e molte sono quelle che non sarebbero mai nate senza di lei.