In scena, fino a questa sera, per la rassegna on/off del Teatro Miela- Bonawentura di Trieste, “Mio padre votava Berlinguer” di e con Pino Roveredo.
In “Mio padre votava Berlinguer” l’autore rende gli spettatori partecipi di un momento intimo, unico e speciale.
Un momento da vivere e da ascoltare in silenzio, con emozione viva da parte di tutto il pubblico.
In incontro impossibile messo nero su bianco
Nello spettacolo-reading, in cui Roveredo è accompagnato da Alessandro Mizzi e dalla musicista Tania Arcieri (organetto), si ha l’incontro fittizio tra lo stesso autore e il padre, scomparso nel maggio 1981 (poco dopo la madre):
Da una parte una madre che non avevo iniziato a piangere, dall’altra parte un padre che forse avrei dovuto piangere a breve.
15 giorni, troppo pochi per assimilare ed elaborare un lutto e far fronte a un altro.
Padre e figlio a confronto
Un lavoro in cui si intrecciano, oltre alla politica, la vita privata dello scrittore e il contesto socioculturale
Il padre (a cui dà voce un toccante Mizzi) è evocato dalle lettere di Roveredo.
Lettere riprese anche nella scenografia: sullo sfondo, appese, delle lastre di alluminio richiamano le missive, davanti dei leggii, uno sgabello, un tavolino, una sedia e una panca rossa.
Un padre non perfetto, orgoglioso del figlio “campione del mondo” in pubblico ma con qualche lato ‘sfocato’ e qualche debolezza nel privato.
Dall’altra parte un figlio, che si descrive e confessa, descrive le ‘capriole in salita’ ma anche i successi; tutto ciò che l’ha portato a essere l’uomo che è.
Berlinguer: una brava persona
Continuo a studiare le brave persone
Brava persona, in tal modo il padre Sisto reputava Enrico Berlinguer.
Una sensazione, più che un ritrovarsi ideologicamente con il padre non udente: idea che quindi si basa maggiormente sulla fisionomia e sui tratti e gli atteggiamenti del politico.
Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano, ma lontano.
Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona. -G. Gaber-