Abbiamo incontrato Ivan Festa, autore di Pasolini a Villa Ada.
Il tuo rapporto con la recitazione?
Vivo intensamente, sono incapace di avere una linea di condotta costruita, troppa bellezza mi distrae. La vita è un flusso continuo in perfetta disarmonia e la recitazione è una dei motivi per amarla, è solo il mio modo per rivivere la gamma di emozioni e utilizzarle quando serve, è la mia complice perfetta!Poter essere, credere di essere, essere qualcun altro o qualcos’altro …dico sempre “recito per non morire”
Sappiamo che ti dedichi anche da altre passioni come la fotografia. Cosa ti lascia lo scatto?
Quando ho capito che si poteva disegnare con la luce mi sono sentito come un bambino in un negozio di caramelle. E anche questo lo devo al caso oltre ad alcuni incontri fortunati che mi hanno spinto a provare. Quando ascolti il suono dell’otturatore che si chiude al tuo comando, dopo che hai costruito o immaginato quello che vuoi ritrarre, dopo che hai atteso lo sguardo di un passante, percepito una piccolissima variazione della luce, dopo tanti dettagli, senti di poter sconfiggere il tempo in quell’ attimo.Puoi rendere un’espressione o un’intenzione assoluta e immutabile, senti di poter rapire l’anima di chi ti guarda o di cosa stai scattando, anche le forme, gli oggetti e le ombre ricevono una vita. In concreto mi aiuta e completa la visione e la costruzione delle scene che compongo, mi ha arricchito e non poco.Ho altri occhi per guardare una nuova prospettiva. Del resto questo spettacolo si arricchisce di un percorso fotografico curato da Angelina Chavez.
Da poco è scomparso Ronconi. Una grande perdita per il teatro italiano. Non trovi?
Nessuna parola, credo, potrà restituire il reale valore di questa perdita. Mi sento solo dire che quella di Ronconi è e resterà l’opera di un innovatore prezioso e unico, l’opera di chi ha realmente contribuito a creare un linguaggio nuovo.
Scusa ma non mi sento di dire altro, sento un profondo dispiacere.
Cosa pensi della situazione teatrale italiana?
Il teatro in questo paese sembra essere tenuto alla stregua di un malato terminale, in una sorta di sedazione prodotta dal disinteresse generale. Si ha la sensazione che qualcuno, in qualsiasi istante, possa paradossalmente, anche inavvertitamente, passare e staccare la spina, così, distrattamente. Siamo l’unico paese a non avere più un ente che si occupi del teatro. La chiusura dell’ETI fu motivata semplicemente perché si può tagliare tutto in nome del risparmio, e, sempre in nome di questo finto risparmio, si stanno perpetrando delle aberrazioni, non solo limitate mondo dello spettacolo. Chi beneficiava prima continua a farlo anche adesso …non vedo differenze. Si teme l’incontrollabilità dell’azione viva; noi tutte le sere possiamo lanciare un messaggio che nessuno può controllare. Gli altri mezzi si possono castrare in qualche modo … il teatro no! Il teatro resterà nonostante gli sforzi e l’impegno di chi vorrebbe ammutolirlo o piegarlo con leggi che rendono sempre più difficile andare in scena. Il teatro vive di sé e rappresenta la vita! Invece si sovvenzionano solo grandi compagnie, per permettere agli spettatori ineducati e le spettatrici in pelliccia di assistere a spettacoli che in alcuni casi non andrebbero neanche applauditi.