È stato presentato lunedì mattina, al Teatro Miela di Trieste, “Una splendida giornata…da clandestino”, in scena nelle serate di mercoledì 5 e giovedì 6 Dicembre proprio al Teatro Miela.
Lo spettacolo è stato presentato dal team artistico insieme a Enzo D’Antona, direttore del quotidiano locale, Il Piccolo, che collabora alla realizzazione dello stesso e che si è detto molto orgoglioso di questa sperimentazione: si tratta infatti di una delle prime volte in cui un articolo/reportage giornalistico diventa evento teatrale.
In secondo luogo perché questo evento si inserisce nella strada di un giornalismo vero nel quale
il quotidiano non è solo un erogatore di notizie ma anche agenzia culturale sul territorio
Per saperne di più sullo spettacolo, sull’approccio al reportage e a questa sperimentazione ho raggiunto la mente di questo progetto: Francesco Godina, giovane attore triestino.
Ne parlavamo tempo fa ma vorrei che raccontassi un po’ ai nostri lettori, com’è nata l’idea di questo spettacolo?
L’idea nasce poco più di un anno fa. Essendo amico d’infanzia di Gianpaolo Sarti, ho sempre seguito e apprezzato con affetto i suoi lavori da giornalista e ho assistito alle polemiche che lo avevano coinvolto dopo l’uscita del suo reportage sul Silos.
Ci siamo incontrati, ne abbiamo parlato a lungo e gli ho lanciato l’idea di farlo diventare un monologo teatrale.
I passi successivi sono stati molto rapidi e sicuri: ho individuato il teatro che maggiormente potesse essere sensibile all’argomento, naturalmente ho pensato al Teatro Miela per la storia che rappresenta e per la “lotta” (permettimi la parola) che porta avanti con le sue scelte artistiche. Volevo far parte di questa lotta.
Mi sono rivolto a Sabrina Morena che ben conoscevo da anni e lei ha accolto, quasi immediatamente, l’idea di curare la regia e ci siamo messi a lavorare.
Il materiale è stato ampliato grazie alla disponibilità di Gianpaolo, ma a quel punto dovevamo drammatizzarlo, cioè renderlo teatrale.
Ho pensato a Giuseppe Nicodemo, altro amico fraterno e eccellente attore al Dramma Italiano di Fiume, e gli ho proposto di scrivere il testo. Et voilà…
Lo spettacolo si basa su un reportage di Gianpaolo Sarti (giornalista de “Il Piccolo”) che per una giornata si è messo nei panni e confuso tra i rifugiati in un giaciglio di fortuna della città. Quanto credi sia necessario portare in scena un reportage come il suo in un momento socio-economico-civile-politico come quello attuale?
È obbligatorio, più che necessario. Da attore, artista, comunicatore mi sento privilegiato a poter portare sotto gli occhi di tutti; come cittadino ed essere umano sono spaventato dai segnali inquietanti di intolleranza e negazione dei diritti, ma soprattutto dalla spaventosa indifferenza che sento tra i miei connazionali; tra i triestini e anche tra i miei amici. Non si può far finta di nulla. Non è giusto.
Come ti stai preparando? Come ci si sente a stare dall’altra parte ed essere osservati e giudicati dagli italiani?
Mi sto preparando con estrema serenità ed organizzazione. Il lavoro difficile in un monologo è la mancanza di un appoggio, la necessità di mantenere una concentrazione costante e vigile, la sicurezza e tranquillità di essere padrone di quello che si sta facendo succedere.
Chiacchierando con Gianpaolo della sua esperienza sono rimasto colpito dalla sua sorpresa nell’essere stato accolto senza domande, senza pregiudizi, da questo gruppo di ragazzi con cui ha passato la giornata.
La domanda che mi sono posto è quanto sia stato difficile mantenere il “segreto” della sua vera identità di fronte all’apertura fraterna ricevuta dai migranti.
Una splendida giornata…da clandestino rientra nella rassegna Spaesati. Tu, da artista, ti sei mai sentito “spaesato”?
Lo “spaesamento”, se così si può definire, fa parte di un lavoro come quello che ho scelto. Non c’è sicurezza di nulla, ma questo lo sapevo.
Non c’è un riconoscimento sociale importante, ma questo lo sapevo. Non affronto nemmeno il lato economico, e anche questo lo sapevo.
C’è però quella sensazione di essere persi, di maledire il momento in cui si è deciso di intraprendere questa strada, la gastrite che è compagna del 99% degli attori (l’1% rimanente ha gli attacchi di panico).
Beh, quella sensazione che si prova prima di andare in scena è vitale. Ed è per questa sensazione di spaesamento che vale la pena fare questo mestiere.
Un invito a venire a vedere questo spettacolo?
La senatrice a vita Liliana Segre disse in una recente intervista che “la Democrazia finisce piano piano”.
Questo spettacolo parla anche di questo; spero il pubblico sia numeroso, a questo e a tutti gli altri eventi di Spaesati, per poter accogliere tutti i colori di una realtà che è qui, adesso.