Al Festival Internazionale del Film di Roma 2013, dopo la proiezione anticipata di martedì 12 novembre, si è svolta stamane, col tutto esaurito in Sala Santa Cecilia, la proiezione ufficiale alla presenza dell’intero cast del film Il sud è niente.
Opera prima di Fabio Mollo, reggino classe1980, oltre che di quasi integralmente tutto il cast tecnico, la pellicola, vede la partecipazione tra gli interpreti di Vinicio Marchionni, Valentina Lodovini e per la prima volta sullo schermo, di Miriam Karlkvist e Andrea Bellisario.
Il film è una produzione B24 Film e Madakai in collaborazione con Rai Cinema. Distribuito da Istituto Luce Cinecittà, uscirà nelle sale il 5 dicembre.
Fabio, c’è una immagine da cui è partito per questo film?
Di certo l’immagine di un corpo che cambia è il sentimento da cui siamo partiti oltre alla ribellione ad una mentalità e certo tipo di situazione. Il titolo “Il sud è niente” è chiaramente una provocazione contro la mentalità di rassegnazione con cui siamo cresciuti, e la convinzione diffusa che il sud non conti nulla, sud inteso non solo d’Italia ma del modo.
Ci racconti l’incontro con la protagonista?
Abbiamo cercato Grazia (Miriam Karkvist) per tanti anni e poi abbiamo scoperto che abitava nel mio stesso quartiere in cui siamo nati a Reggio. È stata una scommessa quella con Miriam perché senza esperienza di recitazione. Ma ha avuto istinto al racconto e alla recitazione malgrado fosse grezzissima. Era una scommessa che sin dal primo giorno abbiamo capito avremmo vinto. Probabilmente è stata più Miriam a sceglier me e a guidarmi su come dovesse essere il personaggio.
“Conosco perfettamente cosa significa soffrire per un mondo menzionato solo riguardo cose negative. È stata una bella esperienza per aver avuto modo di raccontare una cosa che andava fatta vedere”, ha spiegato la Karlkvist , autrice di una trasformazione radicale sul set.
Vinicio, davanti alla platea di oggi così gremita di ragazzi, come ti sei sentito? Dove hai pescato dentro te stesso per questo personaggio?
L’emozione questa mattina era tantissima perché era tutto pienissimo, mi meraviglia molto e ne sono contento. È stato uno dei ruoli più difficili che ho interpretato fino ad ora. Ho insistito tanto per poterlo fare. Auguro al regista una brillante carriera. Il mio ruolo parla di un dolore indescrivibile, nulla è paragonabile alla perdita di un figlio. La storia del mio personaggio parla di crescita ed elaborazione, tentativo di recuperare e recuperarsi. Questi ruoli che ti costringono a chiudere gli occhi e tirare fuori tutto da dentro. Sono legatissimo al film e mi auguro abbia la fortuna che merita perché ha davvero tutte le potenzialità per essere un film internazionale.
Josella Porto sceneggiatrice insieme a Mollo ha poi spiegato come il concetto del silenzio sia un po’ il cuore del film. “Volevamo raccontare il dolore di una perdita, il dolore di ragazzi 17 anni che hanno lasciato una terra culturalmente dominata dal silenzio. Davanti alla morte improvvisa, mai pronunciata parola, siamo educati al silenzio, a non chiedere e far finta di nulla.
La violenza nella storia è raccontata da un punto di vista intimo e personale, senza pistole e spargimenti di sangue. Anche il rapporto padre figlia è condizionato da questo silenzio che è investigato fino a fondo”.
Al produttore è stato chiesto cosa si provi a produrre un’ opera prima, con tutti rischi che vi sono legati.
“È stato molto difficile, poiché parliamo di un percorso di cinque anni fatto con i miei soci. Speriamo davvero che il talento di Fabio venga riconosciuto. Sin dall’inizio ci siamo resi conto che i finanziamenti erano davvero pochi e il budget in corso d’opera è calato ancora. I 700000 euro per fare questo film ci obbligato a tagliare anche delle settimane ipotizzate per le riprese. La scommessa è stata andare sul mercato internazionale e per trovare i mezzi abbiamo viaggiato a Cannes e Torino. Così i finanziamenti italiani sono arrivati più facilmente”.
Come avete lavorato per rendere comprensibile un linguaggio così tipico del sud Italia?
“Proprio questo linguaggio ci ha permesso forse di essere più universali. Questo “realismo magico” lo ha permesso riuscendo a scavalcare le barriere. Un linguaggio sì davvero meridionale ma l’ha identità del sud lo ha reso comunque completamente universale”.
Il potere negativo della criminalità con la scuola e le istituzioni assenti vede i personaggi completamente soli.
“Il motivo per cui ci siamo ridotti così è perché siamo soli, il riscatto deve venire da noi, nessuno deve venire a salvarci”.
Ci sono registi che hanno influenzato il tuo lavoro?
“Sono onnivoro per cui ho tanti punti di riferimento ma in realtà nello specifico potrei dire che essendo cresciuto guardando il cinema inglese di Ken Loach è quella corrente che è maggiormente presente in questo film.
Quella verità e asciuttezza, sommata all’ispirazione che mi danno autori come Crialese che lavorano su immaginifico, sono state le influenze maggiori”.
C’è spazio alla fine spazio anche per Valentina Lodovini che ha interpretato Bianca la quale ha tenuto a sottolineare il coraggio di questo film per la storia. Un film che ha amato tantissimo prima e ancora di più adesso che l’ha visto terminato. “Si parla di cinema con la C maiuscola!”, ha chiosato orgogliosa.
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