Un concerto che mette insieme età differenti, gusti differenti, persone differenti, ma con un solo punto in comune: essersi ritrovati almeno una volta in una canzone di Max Pezzali.
Togliamoci subito il dente: più che un vero articolo recensivo sul concerto di Max Pezzali tenutosi ieri sera al PalaTrieste, questa finirà per essere una sorta di pagina, forse troppo personale, di un cambiamento che per tanto tempo ha avuto come colonna sonora quella firmata dagli 883, di cui Pezzali è stato front man, quindi facciamocene una ragione!
Quando parlo di cambiamento, mi riferisco a quei passaggi dell’età a cui tutti abbiamo dovuto sopravvivere. Le medie, ad esempio, quella terra di mezzo tra sensazione di disagio e scomodità della crescita, quella fase insomma che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico. In quella fase lì, nel mio caso gli anni 90, Pezzali aveva messo dentro le sue canzoni le vite dei ragazzi di provincia, quella provincia dove spesso le scelte sono poche e la musica come i film o i libri sono l’unico modo per indossare un paio di ali.
I protagonisti di quelle canzoni erano un pò anatroccoli, ma a volte, riuscivano ad essere anche cigni. In quei testi c’erano l’immancabile amore raramente ricambiato; la voglia di ribellione che passava attraverso il rientrare a casa qualche minuto dopo rispetto all’orario di coprifuoco o nell’andare sul motorino sempre in due; urlare le piccole rabbie con la stessa passione con cui si da il nome ad una stella promettendo amore eterno.
Poi le medie sono finite (grazie a Dio!), quegli anatroccoli, sono diventati in parte cigni, e vent’anni dopo cantano a squarcia gola con l’irriducibile trasporto una canzone dopo l’altra, tanto da ricevere i complimenti dallo stesso Pezzali.
Canzone dopo canzone, Pezzali, innesca una sequenza di doppi tuffi carpiati nel passato di ben 4000 persone, altro che Delorean!
Durante la strofa di “nella buona sorte e nelle avversità, se tu ci sarai io ci sarò” la gente ha cominciato ad abbracciarsi cantando, financo il bibitaro s’è fermato a fare un video da sherare a qualcuno non presente.
Immancabile Gli anni: muretti, panchine, amici infiniti, film...gli anni del tranquillo siam qui noi…
Nel repertorio, Pezzali, inserisce anche brani del nuovo album Astronave Max, come Niente di grave, brano autobiografico del rapporto padre figlio, nel cui video hanno partecipato sia il padre che il figlio di Max, ad aprire c’è stato Come Bonnie Clyde e tutto il concerto è stato un avanti ed indietro con il tempo.
Per non fare un torto a nessuno, Pezzali, ha pensato anche ad un espediente per riuscire ad eseguire la maggior parte dei suoi brani di 23 anni di carriera, proponendo tramite il DJ Zack dei medley piuttosto rivisitati.
Un concerto che dimostra dall’inizio come Pezzali sia rimasta una persona semplice e sincera verso il pubblico, lo si vede da come chiacchiera, da come si concede e forse è anche questo il segreto del successo di questo ragazzo di provincia.
Una sincerità che risiede nelle sue canzoni. Quelle canzoni cantate dai quarantenni con la t-shirt dei LedZeppelin ma anche dalle quindicenni che sottopalco acclamavano “M-A-X P-E-Z-Z-A-L-I, M-A-X P-E-Z-Z-A-L-I, M-A-X P-E-Z-Z-A-L-I” …forse temendo casi di omonimia per sicurezza hanno reputato opportuno scandirne anche il cognome 🙂
E fu così che piansi, nel bel mezzo di questa altalena emotiva tra passato e presente, vedere le cose dall’alto ti permette di dire “beh, è meglio così” ma la vertigine ti prende lo stesso.