Per una Pedagogia Queer di Damiano Fina
La danza di Eros e Thanatos
Il saggio, (editore lulu.com, 176 pagine) tratta con decisione la disciplina relativa ai problemi dell’educazione, entrando nello specifico in quanto suscettibile di approfondimento dal punto di vista teoretico, psicologico, didattico: una disciplina umanistica che studia l’educazione e la formazione dell’essere umano nella sua interezza esistenziale.
Damiano Fina così diventa precettore nel recupero didattico delle competenze sulla divulgazione, educazione e formazione del lettore nei processi legati al mondo queer, cioè a quell’individuo capace dal punto di vista sessuale, etnico e sociologico di non catalogarsi in nessun complesso degli elementi mirati a determinare (e circoscrivere) un’essenza filosofica concettuale.
La teoria queer si oppone a ragion veduta contro quelle convenzioni pre-costituite dalla società, senza barriere né ostruzioni e tanto meno vincoli di sorta: una reale necessità variamente definibile, a seconda del contesto storico e della tradizione culturale. La specificità del testo è da ricercare nel connubio queer con l’arte della danza butō, nata toccando in primis la tematica dell’omosessualità: una disciplina in grado di ribaltare i fondamenti della danza, sviluppando un dizionario coreografico teatrale, poetico e surreale, in grado di aprirsi a ventaglio sulle differenti trasformazioni dell’esecutore in altre forme, colmando il piano psicologico e quello fisico, interiorizzandolo senza mai imitarlo.
L’estetica (come da definizione magistrale) sono la nudità del danzatore, il corpo dipinto di bianco, il rictus ispirato al teatro classico giapponese, la scherzosità delle performance, l’alternarsi di gestualità lente con movimenti dominati da agitazioni vistose.
Damiano Fina toccando le radici della pedagogia queer, riconnette l’esperienza estetica alla quotidianità tra metodologia ed espressività, arrivando alla danza di Eros e Thanatos nell’alchimia tra profano e sacro.
Concludendo il saggio con un excursus sulla violenza nei confronti dell’espressione di genere, analizzando a fondo l’esigenza reale di un metodo rispettoso dei singoli principi intellettuali, al fine di ricucire quelle cicatrici determinate dalle distinzioni, risanandole nella loro integrità.
Il desiderio di trasformazione è nell’umano sin dalla sua nascita. Attraverso il rituale e la metamorfosi, l’organismo umano aspira a tornare da dove è venuto e trova la possibilità di connettere la dimensione profana con la dimensione sacra dell’esistenza. In questo avvicinamento si assottigliano i confini tra le grandi dicotomie alla base del nostro linguaggio quotidiano e si pongono le basi – pedagogiche, estetiche ed etiche – per l’affermazione di una dignità esistenziale dell’essere umano, in grado di prendere coscienza di sé attraverso il libero gioco della sua espressione.
La pedagogia queer si pone il compito di salvaguardare la libertà d’espressione di ciascun organismo. Il presente saggio affronta l’argomento indagando le relazioni tra teoria queer e danza butoh.
L’autore
L’autore, Damiano Fina, è un artista e scrittore italiano, fondatore del metodo FÜYA (esplora il sacro attraverso il corpo e la danza). Dal 2004 la sua ricerca artistica è influenzata dall’alchimia, dagli antichi rituali della Grecia Classica, dagli insegnamenti del maestro zen Dogen, dalla danza butoh, dalla teoria queer radicale e da continue letture e meditazioni.
Si è esibito a Londra, Parigi, Berlino, Solonicco, in Giappone e in vari festival italiani. Possiede un master in pedagogia dell’espressione. Oltre al presente libro ha al suo attivo anche la pubblicazione “Danza e Alchimia” in cui racconta il proprio metodo.