In occasione del debutto di Penelope allo Spoleto Festival dei Due Mondi, con Teresa Timpano nei panni della protagonista e con le musiche originali di Mario Incudine, abbiamo intervistato il regista Matteo Tarasco per conoscere i motivi che lo hanno spinto a raccontare una storia epica come l’Odissea dal punto di vista di Penelope, moglie di Ulisse.
Come nasce il progetto “Penelope” per lo Spoleto Festival?
In Calabria ho conosciuto la compagnia teatrale Scena Nuda che si affacciava da poco sulla scena nazionale. Siamo entrati subito in sintonia grazie alla volontà reciproca di creare cultura a prescindere dai finanziamenti pubblici e ci è sembrato che il Festival di Spoleto fosse il luogo ideale per fungere da incubatrice di questa impresa e della nostra voglia di innovazione.
E qui si parla di vera innovazione perché, finalmente, viene raccontata la tragedia dell’Odissea dal punto di vista di Penelope. Cosa vi ha spinto a scegliere questa prospettiva?
Pensavo fosse un modo interessante per svelare le parti ancora oscure di una storia raccontata da secoli. Sebbene infatti l’Odissea continui ancora oggi ad essere narrata attraverso molteplici media, comunque restano parti non svelate dato che quello che ci viene mostrato è sempre il punto di vista di Ulisse.
E devo dire che grazie all’interpretazione di Teresa Timpano, sono orgoglioso del risultato ottenuto. La sua passione e le sue capacità hanno regalato nuova vita ad un personaggio che troppo spesso viene lasciato in secondo piano nell’Odissea.
Per Penelope non hai lasciato nulla al caso e so che anche il reparto musicale ha avuto una particolare attenzione, cosa puoi dirci al riguardo?
Posso dirti che il lavoro svolto da Mario Incudine e dalle sue musiche originali è semplicemente eccezionale. È riuscito a creare perfettamente l’atmosfera che cercavo per questo tipo di spettacolo enfatizzando ancora di più la tragedia di Penelope che, se vogliamo vederla attraverso occhi moderni, rispecchia purtroppo la situazione dei migranti che spesso si trovano ad attraversare il Mediterraneo lasciando indietro intere famiglie.
Questa rappresentazione è un modo anche per raccontare di tutte quelle Penelopi moderne che aspettano e sperano nel ritorno dei propri mariti.