Martedì 14 al Rossetti, unica data per la Parsons Dance Company, e già alle otto e mezza di quella mattina, – orario di apertura della biglietteria -, non c’era più un posto in platea.
Non era la prima volta che la compagnia di danza fondata da David Parsons si presenta allo Stabile, già nel 2002 e nel 2013 aveva riscosso un grande successo tra il pubblico.
Questa volta, le coreografie presentate a Trieste sono sei, tra cui due prime europee: “Finding Centre” e “Unexpected Together“.
La prima è una coreografia in cui i ballerini si presentano in sei, tre uomini e tre donne, in coppia, in movimenti vorticanti e alcune prese, su una melodia ritmata ma molto dolce, dal ritmo lento.
Più volte, i ballerini, durante il corso della coreografia, si rimettono in posizione iniziale, con gli uomini che sorreggono le ballerine che con il corpo “ricercano il centro”.
La seconda delle due, è stata creata proprio nel 2017, è molto più festosa ed energica come coreografia, ci sono più colori e movimenti in gruppo.
La canzone utilizzata per “Unexpected Togheter” si sposa perfettamente con i movimenti, richiamando la forza e la luce del sole, e rievocandola tramite i passi spagnoleggianti dei ballerini.
Le altre quattro coreografie sono state create meno recentemente, ma ugualmente hanno incantato il pubblico: affascinanti i movimenti sinuosi e le prese, in apparenza casuali, e invece perfettamente studiate, in “Union“, forse la coreografia che più dimostrava, con molta spigliatezza, la bravura dei ballerini nel muoversi sincronizzatissimi, e la loro grande intesa.
“Hand Dance” invece, aveva strappato persino delle risate, trattandosi di una danza in cui tutto ciò che si poteva vedere, erano le mani dei ballerini, o, al limite, le loro braccia.
Molto spiritosa, persino a tratti irriverente, non esitava a creare, per gli occhi sorpresi del pubblico, immagini bellissime, che invogliavano gli spettatori, appena tornati a casa, ad accendere una luce e tentare qualche passo con il consorte.
Elena D’amario in Caught
“Caught” è stata creata nel 1982 ma non poteva mancare. Forse la coreografia più attesa e sicuramente quella che rimane più impressa.
La prima ballerina, Elena D’amario, l’unica italiana nel cast, esegue una serie rapidissima di salti lungo tutto il palco e, al contempo, una luce stroboscopica viene continuamente azionata e spenta, illuminando la ballerina solo quando è a mezz’aria, creando l’emozionante illusione di vederla eternamente “in volo”.
“In The End“, invece, è l’ultima creazione di David Parsons performata dalla sua compagnia, martedì sera.
Un brano energico, allegro, che invita il pubblico a seguire i ballerini, e scatenarsi. In questo brano in particolare, si nota come ci sia stata una particolare cura delle luci, affidate al vincitore di un Tony Award, Howell Binkley, collaboratore della Parsons Dance, che sa perfettamente come esaltare una coreografia, con i giusti cambi di colore dello sfondo proprio nei momenti culminanti.
Gli otto frizzanti ballerini che ci hanno deliziato provengono da diverse parti del mondo: oltre alla più grintosa, e, soprattutto, espressiva nel volto, Elena D’amario, nata a Pescara; Sarah Braverman è di Chicago, Ian Spring dell’Ohio, Justus Whitfield è nato a Las Vegas, Zoey Anderson nello Utah, e ci sono anche Eoghan Dillon dall’Irlanda, Omar Roman De Jesus da Porto Rico e Geena Pacareu dalla Spagna.
Insomma, un cast internazionale, scelto appositamente dal fondatore della compagnia per il loro “virtuosismo, energia e sex appeal”, ci fa sapere il Times.
E infatti l’energia trasmessa dalla compagnia, ieri, è stata incredibile.
Un’ora più che abbondante che trascorre piacevolissima.
A quando la prossima tappa a Trieste?