A dieci anni di distanza dall’ultimo suo film tornerà nei prossimi giorni in sala, dal 12 ottobre, la regista inglese Gurinder Chadha con un film ambizioso: Il Palazzo del Vicerè.
Era forse normale che prima o poi la regista anglo-punjabi si cimentasse in un progetto del genere. Nata come cronista BBC, passa presto a dirigere documentari per il British Film Institute e Channel Four. Per la regista di Sognando Beckam il passo è breve all’ultimo film. Ancor di più se si considerano le sue origini e che la sua stessa famiglia fu coinvolta negli eventi tragici di cui la storia in oggetto narra.
LA TRAMA
La fine dell’impero britannico in India è alle porte. Lord Mountbatten, con famiglia al seguito, è chiamato a trasferirsi nel Palazzo del Vicerè di Delhi. L’obiettivo è quello di accompagnare il Paese nella transizione verso l’indipendenza con il passaggio dei poteri. Non tutto fila liscio e le divisioni interne, alimentate anche proprio dalla Gran Bretagna, tra musulmani, induisti e sikh si acuiscono sempre più.
Disordini, omicidi e stupri sono all’ordine del giorno e la via più semplice sembra quella di creare due stati separati per religione. India a indù e sikh, Pakistan ai musulmani. La divisione geografica non sarà semplice e quel che ne scaturirà sarà una enorme diaspora con 14 milioni di sfollati.
L’occhio della regista di si posa sui due livelli del Palazzo. Quest’ultimo un protagonista a pieno titolo della storia. I piani alti con le trame politiche e la ragion di stato, quelle che già altri film ci hanno raccontato, ed altre più oscure e forse meno note.
Quelli bassi con il personale di servizio del Palazzo straziati dalle rivolte interne ed è proprio qui che cala la storia d’amore tra Jet Kumar (Manish Dayal) induista e Aalia Noor (Huma Qureshi) musulmana.
Tutto sommato un po’ quello cui ci hanno già abituato altre pellicole come Gosford Park o serie tv come Downton Abbey.
I punti di riferimento dichiarati della regista sono film come “Passaggio in India“e “Gandhi”, peccato che sia Lean che Attenborough siano ancora assai distanti dalla Chadha. Se la ricostruzione storica alla fin fine non sia malaccio, altrettanto non può dirsi delle vicende dei due spasimanti. L’attenzione vira presto proprio li, esattamente dove il film ha il suo tracollo. Una storia d’amore cui non ci si appassiona, scritta a tavolino, banalotta e persino kitsch.
Guerra e sofferenza che pure dovevano essere temi portanti quasi scompaiono o si appiattiscono. Un peccato perchè il cast è di livello. Su tutti Michael Gambon. Non si discosta dai suoi standard anche Hugh Bonneville, in verità persino troppo e in fin dei conti ultimamente sempre più simile a tutti i suoi personaggi. Pregevole Gillian Anderson nei panni della moglie di Mountbatten, un ruolo non facile. Ci è piaciuto anche Om Puri nelle vesti del padre di Aalia.
ll Palazzo del Viceré si rivela come un film fin troppo semplice, basilare e schematico, estremamente didascalico. I suoi personaggi sembrano tutti appena abbozzati e non sembrano vivere pienamente conflitti che li coinvolgono. David Lean è ancora molto lontano, peccato.