C’era grande attesa, come sempre è ormai il caso di dire, per l’anteprima del nuovo film di Ferzan Ozpetek intitolato Allacciate le cinture.

Nell’arco della vita ci capiterà sempre un qualcosa che ci costringe ad allacciare le cinture e quel che racconta questa storia è un caso di questi.

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Come era logico aspettarsi, nutrita è stata quindi la schiera di giornalisti che nella mattinata di giovedì 27 febbraio erano presenti al Cinema Adriano di Roma. Giunto al decimo lungometraggio, il regista di Istanbul è stato il vero protagonista della conferenza stampa che è seguita alla proiezione della pellicola.

Gran cerimoniere e davvero in palla lui, ma anche il cast che al gran completo era presente per raccontare la genesi di un lavoro che sarà sicuramente apprezzato dalla zoccolo duro dei fan di Ferzan e non solo.

Un film su gli amori, il tempo e l’amicizia soprattutto, la malattia, che giunge ad un certo punto, entra in tutte queste voci. Tutti parlano d’amore in questa storia e tutti i personaggi si amano. Ognuno di noi ha provato i sentimenti di cui parla il film o ha certamente paura di provarli in futuro.

“Circa sei anni fa una mia amica non stava bene ed ho fatto una cena per lei. Era fisicamente molto cambiata ed a un certo punto mi è venuto in mente di chiedere se dormisse ancora insieme al marito. Lei mi ha guardato e m’ha detto: “Pensa ci prova pure ogni tanto. Agli uomini non fa schifo niente!”

Ci siamo messi a ridere e il marito che chiacchierava da un’altra parte s’è voltato e i due si sono guardati così intensamente che ho sentito l’amore nell’aria. Ho pensato che questa fosse una cosa da raccontare. La magia di quando superi la fisicità in un amore. C’era il timore di parlare della malattia perché si pensa che la gente voglia solo ridere, ma io penso che più d’ogni altra cosa voglia emozionarsi”, ha spiegato il cineasta .

Si rinsalda il sodalizio artistico (sono 5 i film realizzati insieme) con Gianni Romoli, coautore della sceneggiatura. Una idea, come detto, nata dall’ episodio raccontato dal regista e di cui aveva parlato proprio con Gianni mentre girava “Mine Vaganti”(parliamo dunque del 2010). Romoli ci lavorò su e presentò un abbozzo di sceneggiatura, ed ora eccoci qui.

Tra le cose che più mi incuriosivano c’era, e non credo d’esser stato l’unico,  valutare la performance del protagonista maschile: Francesco Arca. L’attore aveva già esordito sul grande schermo nel 2009 con “Scusa ma ti voglio sposare” ed aveva alla spalle altri 2 lungometraggi ma chi vi scrive lo ricordava solo  per essere stato alla corte di Maria De Filippi e questo, devo dirlo, mi creava delle perplessità.

Lo dico subito, malgrado non manchino certe sbavature nella sua trasposizione del personaggio e un certo indugiare sui suoi sguardi persi nel vuoto  non abbia aiutato, il giudizio nel complesso è positivo e non era semplice vista la complessità del ruolo.  Non è certo una interpretazione che resta negli annali, ma come vedete sono pronto a ricredermi se c’è una ragione per farlo e non è la prima volta che accade.

Arca nella finzione è Antonio, giovane meccanico toscano trapiantato in Puglia, un tipo dai modi spicci, burbero, un po’ arrogante, vagamente razzista e omofobo.

Malgrado sembri non esserci alcuna affinità con Elena ( cameriera presso il bar “La tarantola”) impersonata daKasia Smutniak, l’amore, spinto dalla passione fisica, riesce a sbocciare malgrado la loro sia una passione “proibita”.

Lei sogna di realizzare il suo grande sogno insieme al suo migliore amico Fabio( un ottimo Filippo Scicchitano), aprire un locale rinnovando una vecchia pompa di benzina in disuso.

Entra in quei  locali fatiscenti e, magia del cinema, ci ritroviamo 13 anni dopo in un locale avviato che pullula di gente. Loro due ne sono alla guida e lei è già madre di due bambini, un maschio e una femmina, avuti proprio da Antonio che è diventato suo marito. Ecco che la riflessione sul tempo torna ad essere parte della cifra stilistica dell’autore.

Non tutto fila alla perfezione, come sempre capita nella vita reale, ma a scompaginare tutto arriva una “tegola” che si rivelerà essere l’opportunità di un viaggio verso la guarigione dei sentimenti.

L’inferno in cui piomba Elena rimescolerà le carte e sigillerà le certezze acquisite come l’amore della famiglia per lei. Prova maiuscola per Elena Sofia Ricci che dalla “zia Luciana” di “Le Mine Vaganti”, torna ad interpretare per Ozpetek una zia tutta particolare e tutta da scoprire. Sono proprio i ruoli in qualche modo minori ad impreziosire la trama come il personaggio di Egle, reso magistralmente da Paola Minaccioni. Difficile perché in grado di mescolare umorismo e disperazione, una gran prova!

In definitiva un tassello questo nuovo Ozpetek che non porta novità, gioca sul terreno che gli è più congeniale ma va dato atto che conferma tutte le qualità già espresse.

Tra queste segnalo  la capacità chirurgica di scegliere sempre le musiche adatte in ogni frangente come la saggia opzione di “A mano a mano “cantata da Rino Gaetano che riesce a dare maggiore leggerezza ad un testo così forte. Una scelta che la dice lunga sulle scelte stilistiche dell’autore.

Prodotto da Tilde Corsi e Gianni Romoli, una produzione R&C Produzioni e Faros Film con Rai Cinema, il film distribuito in 350 copie da 01Distribution approderà nelle sale italiane il 6 Marzo.

Cast Artistico
Regia :

Ferzan Ozpetek

Cast :
Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchitano, Carolina Crescentini, Francesco Scianna, Carla Signoris, Elena Sofia Ricci, Paola Minaccioni, Giulia Michelini, Luisa Ranieri.

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