On Cage Il festival nel Festival

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Il 3 e 4 ottobre al Teatro Palladium, il primo dei 5 appuntamenti che omaggiano l’anniversario dei 100 anni dalla nascita di John Cage, una tra le più influenti personalità nel panorama musicale mondiale.

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 Danza Preparata di Rui Horta apre la rassegna in modo raffinato e coraggioso.

Il  corpo, Il coreografo, Il  piano preparato, ed è subito John Cage.

Gli anniversari fanno guardare al passato, ma Rui Horta,  coreografo portoghese, è riuscito a farlo proprio e a mettere in scena un lavoro  ispirato al ciclo Sonates and Interludes (1946-48) il ciclo per pianoforte preparato più celebre scritto da Cage.

Il piano preparato, invenzione dello stesso Cage che nel 1938, dopo aver composto una musica per diverse percussioni da eseguire durante una coreografia di Syvilla Fort, inserisce una serie di oggetti in un pianoforte in modo che una decina di tasti suonassero come percussioni, ovviando così al problema della mancanza di spazio sul palco; è attore anche questa volta di una musica imprevedibile dove ogni tasto risponde in maniera diversa dall’altro.

La proposta  della Casa da Musica di Lisbona, avrebbe fatto tremare le gambe a molti, considerando lo spessore di Cage e il suo legame con Merce Cunnigham, uno dei più grandi coreografi del 900, ma Horta, ha saputo stupire proprio  per il suo spirito non emulativo.

Una prova ad alta tensione per il duetto di Silvia Bertoncelli, danzatrice e coreografa italiana e Rolf Hind pianista britannico, che nei 65 minuti di performance hanno regalato al pubblico in sala l’emozione di veder dialogare un corpo con un pianoforte.

Movimenti spezzati, fluidi, interpretati magnificamente dalla danzatrice. Lineare ma mai scontata, non cade nella banalità di un linguaggio riconoscibile. Un corpo denso che ascolta e dialoga in modo non meccanico con il piano suonato da Hind.

La scelta di Horta di un palco vuoto e di un disegno luci essenziale, mettono ancora di più in risalto lo spessore dei due interpreti che  esprimono lo spirito liberatorio, imprevedibile di Cage.

Horta porta in scena più che la forma sperimentale, la lezione che il grande compositore statunitense ci ha lasciato: quella di reinventarsi ogni giorno, il gusto astratto, mai noioso, questo gioco tra corpo e musica dove si rincorrono paesaggi emotivi chiari e d’impatto.

Un aspetto di grande fascino: il silenzio, la pausa, il tempo sospeso tra le note e tra i movimenti; a ben vedere ci sono tutti i segni di Cage nel lavoro di Horta anche il gusto per la dimensione del Caso messo in scena ieri sera attraverso il lancio di bastoncini come in un gigantesco Shangai, che rievocano l’essenza della filosofia caegiana per  la dimensione casuale della vita.

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