Nix, il mero “niente” è andato in scena in una cornice post-moderna, come il Mattatoio, il 21 ottobre, dove epoche reali o digitali si fondono nella performance dematerializzata, Ohne Nix, firmata dai coreografi, danzatori e artisti digitali Dominik Grünbühel e Luke Baio. Sul palco, calcato da pubblico e performer cosmopoliti, del Roma Europa Festival accade una strana trasmutazione: Il pensiero, intangibile per definizione, si fa materia mentre la presenza umana, immanente, appare come scarnificata.
Due maschere, due volti appaiono su due altari cubici che evocano un mausoleo del futuro. Dialogano sull’impossibilità ironica di trascendere il nulla, nix. Sono ormai solo due volti che illuminano il buio coreografico, due lucerne dalle mimiche misteriose, a metà tra il satanico e il genio della lampada che commenta distaccato le passioni umane.
Nella danza oculare, l’unica che due volti senza corpo possono improvvisare, c’è una lettura mordace e ironica della danza che i due coreografi e artisti digitali hanno cercato di ridurre al niente, al Nix per dissacrarne alcuni stereotipi. Digitale è la cupa scenografia ed è manifestamente dichiarato allo spettatore ma, quel che rende atipico questo mash – up di arti, danza e digitale, è che molto più digitali della scena sono i protagonisti che, grazie ad un montaggio discronico, sono contemporaneamente sulla scena, fisicamente, nei loro corpi e virtualmente, nei volti pixelati, che si ricompongono in due immagini di sé estremamente realistiche!
Il gioco pixedelico delle luci che, quasi sempre puntano al bianco, rarefatto dal fumo di scena, utilizzato come vezzoso orpello coreografico che evoca i rudimentali strumenti di scena di uno spettacolo di danza, fa il resto, rendendo, ora inespressivi e senza volto queste due presenze, ora visi illuminati, perfettamente a loro agio sulla scena, in grado di sorridere dell’assenza del loro corpo.
Sullo sfondo i loro corpi invece ci sono: mentre le proiezioni dei loro volti metadiscutono proiettando sulla scena pensieri, ricordi delle performance di danza del passato, del comune background artistico che affonda le radici negli anni Novanta, i due ballerini incarnano sul palco questo flusso di pensiero che, a volte, data la matrice digitale si perde in un mantra psichedelico.
Qual è la vera realtà? Quella digitale o quella carnale? Sono più digitali i corpi o i pensieri? Domande che nella realtà attuale, fatta di una continua promiscuità tra il digital e il reality, sono più che peregrine.