Norvegia. Diario di viaggio. Quarta parte.
Da Alesund a Hellesylt.
I piccioni norvegesi sono meno pigri dei nostri. Questo è chiaro. Lo capisci dallo svolazzare continuo appena apri uno zaino con dentro un (finto) calzone imbottito di (finto) pomodoro, mozzarella, e qualcosa che assomiglia al salame (tutto freddo). Loro sembrano entusiasti e pieni di energia. Cerco di fare mio quell’entusiasmo (servirà).
Questo accade alla fermata del pullman di Alesund. Pullman diretto verso la vicina Hellesylt (quasi 3 ore). Non succede nulla di interessante durante il viaggio, a parte il fatto di aver lasciato, proprio su quel pullman, il mio giacchetto. Hellesylt ci accoglie con una camminata di 3 km a piedi.
Desistiamo a metà percorso e alloggiamo in una struttura usata per qualche film horror anni 90. A parte il legno decadente, un retro con piccoli alloggi che non hanno nulla da invidiare ai motel dei film americani, sempre anni 90 (si, a quell’epoca vedevo molta tv), e una ragazza che falciava il prato con aria chiaramente da assassina psicopatica, ci viene data una stanza che dà praticamente sul fiordo più famoso della Norvegia.
Il resto è pieno di silenzi e fotografie. Il mio punto di vista su una Norvegia over 60. Una Norvegia con case dal legno scricchiolante e una pizza pomodoro, mozzarella, gamberetti e cozze. Domani prenderemo il traghetto che per tutta la giornata ci ha fatto compagnia, fuori dalla nostra finestra. (Oggi cedo la parola a qualche fotografia fatta con il cellulare, e a un po’ di stanchezza.)