L’incertezza su ciò che vuole rivelare ci accompagna per tutto il percorso. Opere misteriose si sviluppano tramite giochi di apparenze alla ricerca di una ambigua realtà. Il giovane e poliedrico artista austriaco si incastra nella visione di Andersen tramite le sue installazioni, condividendone il percorso creativo.
Da settembre, e fino al 16 novembre, il Museo Andersen di Roma accoglie i lavori dell’artista austriaco Nick Oberthaler. La mostra, dal titolo “Calculated reserve”, è a cura di Pierpaolo Pancotto, in collaborazione con la Galleria Layr di Wiena. Le sue interessanti creazioni non ci svelano il mistero delle particolari associazioni che egli sceglie, e l’incertezza su ciò che vuole rivelare ci accompagna per tutto il percorso. Si definisce un disegnatore, ma il suo lavoro racchiude un insieme di tecniche diverse (pittura, disegno, fotografia) realizzate con diversi materiali (carta, inchiostro, fotocopie). Da vita a composizioni non figurative, quasi geometriche, richiami d’avanguardia. Opere misteriose si sviluppano tramite giochi di apparenze alla ricerca di una ambigua realtà. La mostra è un percorso vivo attraverso le sue opere, in cui il nostro sguardo viene catturato da specchi e giochi di luce. In alcune teche sono raccolti dei pezzi di carta che andranno a creare chissà quale forma nell’immaginario dell’artista. Uno specchio riflette i corpi dipinti sul soffitto, visibili da ogni prospettiva, ogni volta facendo cambiare allo spettatore il suo punto di vista. Strutture in cartongesso di un rosa tenue si fingono tele, e affiancano i muri richiamando i colori delle pareti. La luce filtra attraverso le tende di cotone sottile che riproducono immagini pubblicitarie tramite la tecnica del latex- print/inkjet.
Al piano terra dello stabile di inizio ‘900 un ampio spazio accoglie le sculture di Andersen. Lo scultore, pittore e urbanista americano, stabilitosi a Roma, qui raccoglie il frutto della sua ricerca verso un mondo utopico. I suoi viaggi attraverso i maggiori capoluoghi italiani, ricchi di arte, lo avvicinarono al classicismo in grado di “stimolare nell’osservatore desiderio di auto miglioramento”. Per Andersen l’arte conduce ad una perfetta “world city”. Città mondiale utopica, “fontana di conoscenza strabordante” che migliora l’umanità attraverso un sapere diffuso, una conoscenza quasi divina, indice di perfezione. L’arte, dunque, per il raggiungimento di un mondo utopico.
Il giovane e poliedrico artista austriaco cerca di incastrarsi nella visione di Andersen tramite le sue installazioni. Queste fanno da contorno alle statue, imperniate di classicismo. I corpi perfetti si mutano rispecchiandosi nelle argentee tende in vinile. Si arriva, passeggiando verso “la fontana della vita”, ad alcuni proiettori disposti a terra che riproducono un volto i cui colori cambiano di volta in volta. L’opera di Oberthaler si espande nello spazio e nel tempo.
Una commistione tra antico e moderno su cui viaggia l’osservatore. Il giovane artista si avvicina al suo modello ispiratore e ne accompagna il percorso creativo, stuzzicando il nostro occhio moderno e provocando la nostra curiosità.