Presentato mercoledì 13 al Festival del Film di Roma 2013, il film “Il paradiso degli orchi”, di Nicolas Bary, tratto dal celebre romanzo di Daniel Pennac, sarà nelle sale italiane già da oggi.
Classe 1980, 33 anni ancora da compiere, il regista francese ha alle spalle solo un altro lungometraggio,” Les enfants de Timpelbach” e a trent’anni di distanza dall’uscita del romanzo bestseller, decide di portarlo sugli schermi.
Una operazione davvero coraggiosa dal un lato perché come capita in questi casi ci si scontra con un “gigante”, dall’altro un tentativo che prima o poi qualcuno avrebbe tentato vista la fama planetaria del libro.
Il romanziere, intervenuto alla conferenza stampa di ieri insieme al regista e a Melanie Bernier, parte del cast nel delicato ruolo di Louna, ha spiegato come non avesse tutta questa voglia di vedere sullo schermo i suoi personaggi ma che l’entusiasmo di Nicolas, che lo attese tempo fa fuori da un teatro per spiegargli le sue intenzioni, l’hanno fatto recedere dalle sue intenzioni.
Non possiamo che festeggiare questa scelta, alla luce del prodotto che ne è uscito fuori e che abbiamo avuto l’occasione di vedere ieri.
Non era facile proporre sullo schermo le vicende di quella famiglia così squinternata quanto adorabile. Non ci si intrattiene spesso con i colleghi al termine delle proiezioni ma in questo caso è capitato ed è stato interessante notare che sia chi aveva letto il romanzo, sia chi non lo aveva fatto erano concordi nel riconoscere al film tutta la freschezza narrativa che solo un ragazzo così giovane quanto abile poteva avere.
Protagonista della vicenda è Benjamin Malaussène, alias Raphael Personnaz , che già avevamo visto recitare in “Anna Karenina”.
Benjamin lavora presso i grandi magazzini Au Bonheur Parisien e il suo compito ufficiale è quello di responsabile del controllo tecnico mentre in realtà svolge quello di capro espiatorio.
Qualunque lamentela arrivi da qualunque reparto riguardo ad ogni malfunzionamento, Benjamin è deputato ad accogliere ogni tipo di insulti ed invettiva dal suo capo.
L’intento è quello di impietosire così la clientela che pur di non infierire il “povero Cristo”minacciato d’esser licenziato recedono dai propositi di querele ed azioni legali. L’inganno funziona e lo fa alla perfezione.
Siamo col Natale alle porte e quando il grande magazzino parigino verrà fatto oggetto di alcuni attentati, Malaussene, che si trova fortuitamente sempre nei pressi del luogo dove vengono piazzati gli ordigni, sarà il principale indiziato per la polizia locale.
Per discolparsi e giungere alla risoluzione dell’enigma, Benjamin ne passerà di tutti i colori coadiuvato dalla brillante giornalista interpretata dalla Berenice Bejo di “The artist” e recentemente miglior attrice nell’ultima edizione del Festival di Cannes per “Il passato” di Asghar Farhadi.
Il film è un caleidoscopio d’immagini che mischia sapientemente l’umorismo dei dialoghi brillanti, suspance e vertiginosa azione come capita raramente.
Nel farlo è stato fondamentale tutto il cast che vede anche la partecipazione speciale di Emir Kusturica nel ruolo di vigilante e amico del protagonista.
Nicolas cosa ha avuto in mente nel prepararsi alla stesura del film?
L’idea era quella di resuscitare la sensazione che ho provato io leggendo il libro con un mescolamento dei generi. Dovevo restituire l’energia del libro cercando molta improvvisazione degli attori. Si corre, si corre e si corre ancora come il personaggio.
Melanie ci racconti il tuo personaggio e l’esperienza sul set?
È un personaggio particolare perché è figlio dell’adattamento al testo originale. Nicolas ha dovuto mescolare il personaggio di Lara e Louna prendendo il carattere di Lara, una diciassettene molto delicata e materna mischiandolo con l’ energia di Louna che vive già fuori dalla famiglia.
Daniel , si è sentito rappresentato o tradito del lavoro dello scrittore?
“Sapete mantenere un segreto? La verità storica è che Nicolas è mio figlio e Melanie mia figlia. Le cose andavano male tra alcol e droga e ho deciso di dargli una opportunità per uscire tunnel”, se la ride Pennac. “Io non ho mai la sensazione di poter esser tradito perché non mi aspetto né fedeltà né tradimento. Si cambia d’espressione quando un romanziere affida lavoro a un regista, c’è solo curiosità. Credo il film sia comunque molto fedele al libro mentre quanto alle scelte estetiche lo trovo un pò meno noir”.
Nicolas, qual è stato il centro del tuo lavoro?
“Volevo porre l’accento sul rapporto familiare poiché Malaussène è molto legato ai fratelli e io mi sono identificato per questo col personaggio. Ci abbiamo messo due anni a scrivere la sceneggiatura e gli incontri con Daniel mi aiutavano molto. È un qualcosa che mi ha arricchito tanto. Mi sono messo al servizio del libro e al contempo scoprivo il film che ne veniva fuori. L’intento era di conferire una visione di intrattenimento”.
Daniel, gli attori li ha riconosciuti come suoi figli? Quali sono gli orchi con cui oggi dobbiamo vedercela?
“Sì, certamente! Quando ho scritto “Il paradiso degli orchi” Nicolas nasceva, quindi per forza è un figlio di questa storia. Quando ho scritto la “Fata carabina” invece nasceva Melanie. Generazionalmente parlando sono figli della di Malaussène. Quanto agli orchi sono gli stessi ma più affamati. La nostra generazione e quella precedente ha vissuto gli orchi della politica. L’Italia con Mussolini, il Portogallo con Salazar, la Spagna con Franco, Mao in Cina e Stalin in Russia. In Francia invece consumavano i resti degli orchi politici. Gli orchi contemporanei divorano e fanno divorare. Non hanno più bisogno di un pretesto politico per governare. Sono pericolosi perché prosperano su una finta pace ma alimentano guerra sotterranee, amen!”
Nicolas, quali sono i registi cui ti ispiri e a quale tipo di cinema hai pensato con la trasposizione?
“Fellini come pure Terry Gilliam, cineasti che costruiscono un universo molto staccato dalla realtà. Ho costruito una Belleville con immaginario anche asiatico. Ho lavorato a partire da riferimenti fotografici presi in giro per il mondo per le scene in strada . Ho cercato di costruire un mio stile senza imporlo alla troupe lasciandogli più libertà possibile”.
Pennac, come crea i suoi personaggi ? Anche per lei il cinema può essere fonte d’ispirazione?
“Le fonti sono le più diverse. Il tema del capro espiatorio ad esempio viene da Rene Girard, un filosofo autore della tesi per cui quando
un gruppo umano si costituisce, lo fa eliminando uno dei suoi componenti. Una teoria che mi ha molto affascinato e così ho scritto di questo personaggio. Altri personaggi nascono dalla necessità narrativa ,in funzione della storia come il poliziotto ad esempio. Altri nascono da un amico che si conosce magari come successo per il personaggio interpretato da Emir. Un croato che ho fatto diventare serbo un po’ per gioco( l’ha scritto prima della guerra) . Divertente ogni giorno della sua vita come lo è il mio amico Dinko Stamback”.
“Eravamo in ospedale per la nascita di suo nipote, mi si avvicina e dice: “Mani grandi, non credi? Sarà un ladro!”. “Papà ma che dici!!”, replica sdegnata la figlia.
“ Non ti preoccupare ha anche grandi piedi, la polizia non lo acchiapperà mai!”.
“Tutto è fonte di ispirazione ma il cinema in quanto tale non mi ha ispirato, magari è il noir americano che lo ha fatto”.