All’Anfiteatro I Soldati di Anguillara Sabina, Paola Lorenzoni, accompagnata dalla cornamusa di Oscar Bonelli e dalla chitarra del maestro Nicola Buffa, ci parla di un intramontabile Leonardo Sciascia, con la regia del nipote dell’autore Fabrizio Catalano.
Perché Sciascia può essere ancora attuale al giorno d’oggi?
Oggi noi attori abbiamo la possibilità di comunicare con il pubblico e quindi è nostro compito fondamentale rifarci ai grandi pensatori, scrittori perché viviamo un momento di grande aridità culturale, civile e civica. Dunque riprendere alcuni autori, come Sciascia ad esempio, che hanno una visione ampia, ma anche un modo di parlare chiaro, è fondamentale.
In questo spettacolo quanto troviamo di Sciascia uomo nella sua dimensione privata e quanto del grande scrittore, sempre pronto ad intervenire su spinose questioni sociali?
Lo spettacolo si articola in una serie di passi, scelti da Catalano e letti da me, su argomenti trattati dall’autore stesso. Sciascia parla di cose importanti e forti, ma lo fa con simpatia ed una certa leggerezza, che lo contraddistinguono.
Parte fondamentale sono anche gli aneddoti più personali dello scrittore narrati direttamente dal nipote, che non tralascia i momenti più teneri vissuti insieme. Ne risulta un ritratto umano, ma consapevole.
Com’è nata la collaborazione con il regista Fabrizio Catalano, nonché nipote di Leonardo Sciascia?
È nata nel 2008, durante un adattamento teatrale di Matteo Collura del romanzo di Sciascia Toto Modo. Da lì è nata la nostra amicizia ed io, da sempre amante degli scrittori siciliani, mi sono appassionata alla scrittura di Sciascia, che è anche poeta di un’eleganza e una maestria notevole. Quindi abbiamo deciso insieme di realizzare uno spettacolo su Sciascia, che trasmetta un messaggio di speranza per questo nostro meraviglioso paese, in questo momento caratterizzato da una mancanza di organizzazione. E questo spettacolo si chiude infatti con una citazione molto significativa dell’ottimismo di Sciascia:
I grilli: per quattro o cinque anni non li ho sentiti, ora le notti sono sterminatamente gremite del loro frinire
Qual è l’intento nel portare in scena ricordi pensieri e aneddoti di un personaggio del calibro di Leonardo Sciascia. Risvegliare coscienze sopite dei giovani d’oggi?
È educativo. Il teatro deve smuovere la curiosità dei ragazzi.
Cosa le rimane di Sciascia come uomo e come scrittore? Quali pensieri, considerazioni le sono rimaste più impresse nello studio di questo personaggio?
Sicuramente di Sciascia mi rimane la sua semplicità e la sua naturalezza: ad esempio quando parla dell’amore dice che fare l’amore è come bere acqua. Ma in questa semplicità si scorge la sua grande cultura e il suo modo diretto di affrontare le cose. Sciascia non è mai misterioso e sa affrontare anche le questioni sociali e politiche più spinose da uomo libero.
Cosa le piacerebbe che il pubblico cogliesse di questo spettacolo?
Vorrei che venisse trasmesso un messaggio di speranza, che questo spettacolo possa risvegliare le coscienze e indurre alla consapevolezza che ogni individuo è libero di dire la propria. E per questo è necessario ripartire dalla cultura, arginando questa eccessiva e incontrollata ondata di notizie che ci giungono quotidianamente dai mass media.
Bisogna andare all’essenza dell’individuo e recuperare quella bellezza, che salverà il mondo, che sta nella bella scrittura e nella giusta gestione delle cose. Si deve investire su persone che sostengano la bellezza e la cultura in modo semplice e sano. E con questo obbiettivo lo spettacolo si compone di parole e musica, perché, come sappiamo, la musica aiuta le parole ad arrivare all’anima.