Il Plart nasce intorno ad un’ampia collezione di oggetti di design (Michele De Lucchi e Gaetano Pesce su tutti) e di uso comune provenienti da tutto il mondo: una sorta di Wunderkammer che attraversa più di cento anni della storia della tecnologia dei materiali polimerici, il cui nucleo emotivo è stato pazientemente costruito nel tempo da Maria Pia Incutti, fondatrice e presidente di questo luogo nascosto nel cuore di una Napoli particolarmente sensibile ad un certo tipo di bellezza, differente da quel che si è abituati a percepire camminando nelle strade di questa città.
La piccola mostra che abbiamo visitato (aperta al pubblico dal 10 Novembre 2016 al 10 Gennaio 2017) sembra rappresentare, in sintesi, parte del progetto di comunicazione che si intuisce in alcune scelte della Fondazione; l’originale esposizione si intitola “Meraviglie e paradossi. Il design dello stupore” : sei mezzibusti realizzati con luminosa ironia da Andrea Barzini e Silvio Pasquarelli, impiegando piccoli oggetti plastici della quotidianità come fossero pennellate tridimensionali che si trasformano ora in occhi azzurri, ora in riccioli di parrucche settecentesche, ora in allegri rasta, ora in labbra dischiuse in un sorriso, in un ludico e meticoloso processo di selezione e riadattamento di ogni singolo oggetto, lavoro documentato in maniera approfondita da un cortometraggio e da una sorta di taccuino di appunti grafici corredato dall’abaco dei componenti utilizzati per la modellazione dei personaggi.
Oltre a celebrare maestria, raffinatezza e fervida immaginazione degli autori, la mostra sembra invitare all’osservazione della bellezza che si cela, sommessa e scomposta, negli oggetti del grande consumo e che ritorna in vita nelle mani di chi riesce a vederla: soldatini, tappi, forchette di plastica, giocattolini, flaconi, tutto può essere riletto e ricollocato nel presente, assumendo significati e valori differenti ed inaspettati, trasformandosi da rifiuto ad opera d’arte in pochi gesti, quei pochi gesti che sintetizzano l’inarrestabile lavorìo creativo e senza confini dell’immaginazione. Un invito dunque a ricercare l’arte dove ci sembra che non sia, in una logica di riutilizzo, o per meglio dire, di rinascita dei materiali.
La Fondazione Plart raccoglie infatti sotto la sua guida molteplici attività culturali ma, soprattutto, è impegnata nella ricerca scientifica finalizzata alla conservazione, al restauro e al recupero delle opere d’arte e di design realizzate in materiali plastici, affiancando ricerca e promozione sui tracciati di una nuova cultura sostenibile della produzione polimerica: il design e la produzione industriale sono qui fortemente intesi come dei processi evolutivi della vita comunitaria, che vanno direzionati al miglioramento.
Tra arte e managerialità
Da presidente della Fondazione Plart, Maria Pia Incutti ha cercato di mettere a sistema la sua formazione manageriale, consolidata da una intensa esperienza di gestione di alcune aziende di famiglia, con la sua passione per la cultura e per l’arte, modellando il suo operato tra rigore e fantasia e gettando al contempo le basi per un percorso incredibilmente innovativo e rivolto al futuro: una donna del Sud, un know-how maturato in un ambiente dalla forte connotazione maschile, una città articolata come Napoli, un campo quasi inesplorato, l’assenza del prezioso sostegno delle istituzioni.
Una grandissima sfida per un progetto ambizioso di esplorazione culturale a 360 gradi, dove trova anche spazio uno staff al femminile composto da giovani specializzate in beni culturali e gestione d’impresa, che lavorano in un ambiente dove non esistono uffici privati e dove le idee vengono condivise e sviluppate grazie allo scambio ed al dibattito.
Ci ha colpito soprattutto la gentile accoglienza dello staff, l’inaspettata attenzione per la traduzione in inglese di ogni didascalia e per la composizione del bellissimo catalogo edito dalla Fondazione stessa: in definitiva il Plart è uno spazio dedicato alle mostre temporanee, un caffè, un laboratorio didattico, un’esposizione permanente, un piccolo centro di ricerca, ma soprattutto è un atto di apertura verso la definizione di un altro scenario possibile che cerca di affermarsi nella difficile realtà partenopea, fatto di nuove professionalità e nell’ottica di una visione internazionale.
Aspettiamo, intanto, le sorprese che ci riserverà per la Primavera 2017.