Mary Wigman e la danza tedesca del primo Novecento

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Mary Wigman e la danza tedesca del primo Novecento, di Susan Manning a cura di Patrizia Veroli

Wigman

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Il presente volume (456 pagine) edito dall’Istituto Italiano di Studi Germanici, nell’ottima traduzione italiana di Maria Grazia Bosetti presenta un fondamentale studio monografico nato dalla penna di Susan Manning, a livello storico, culturale ed artistico su Mary Wigman (1886-1973). Una delle più importanti artiste europee del Novecento, che con la sua “danza d’espressione” diede vita a un’arte coreutica del tutto svincolata dalle regole del codice classico-accademico. Uno strumento per conoscere anche la danza tedesca della prima metà del Novecento.

Il libro è stato vincitore del Premio De La Torre Bueno nel 1994.

Basandosi su una solida ricerca documentaria e iconografica, Susan Manning ha messo a fuoco la figura di questa grande artista, restituendo alla danza il ruolo cruciale che ebbe nella Repubblica di Weimar e mettendo in chiaro le ambiguità e le tensioni che hanno caratterizzato il rapporto di Mary Wigman e, con lei, di parte della sua generazione con l’ideologia ed il potere nazista.

Mary Wigman considerata una delle massime esponenti della danza libera tedesca e pioniera della danza moderna, studiò per due anni la ritmica di Émile Jaques-Dalcroze nella sua scuola di Hellerau, nei pressi di Dresda.

In seguito divenne allieva di Rudolf von Laban dapprima a Monaco di Baviera e poi sul Monte Verità nei pressi di Ascona in Svizzera, divenendo in breve anche sua assistente e rimanendo al suo fianco fino al 1919.

Il debutto

Il suo debutto come Solista si ebbe nel 1914 con la prima versione della danza della strega (Hexentanz), assolo che riproporrà in seguito in diverse versioni e che diverrà il suo emblema.

In questo assolo – danzato interamente da seduta – la Wigman aveva il volto coperto da una maschera, da lei usata con l’intento di cancellare l’individualità di chi danza ed esaltare così la universalità dell’essere umano.

Riguardo all’uso della maschera, molta influenza ebbe su di lei il pittore Emil Nolde, conosciuto a Hellerau, che le fece conoscere il fascino delle danze e delle maschere africane, australiane ed asiatiche.

Ad Amburgo, all’età di 33 anni, fu consacrata dal pubblico come una delle più grandi danzatrici tedesche, anche se spesso le capitava di imbattersi in reazioni negative.

Nel 1920 a Dresda fondò una scuola innovativa di danza moderna che nel 1930, dopo una trionfale tournée negli Stati Uniti, si ampliò con una sede a New York.

Fu grazie alla sua allieva e assistente Hanya Holm, designata a dirigere detta sede, che il metodo della Wigman si diffuse oltreoceano fino ad influenzare in modo considerevole uno dei maggiori coreografi americani: Alwin Nikolais.

Il nuovo sistema di insegnamento

La Wigman mise a punto un sistema di insegnamento basato sulla respirazione e sul principio della “tensione/distensione” (Anspannung/Abspannung), quindi non molto dissimile dal principio fondante della tecnica di Martha Graham: contraction/release.

Nel 1942 il regime nazista la costrinse a chiudere la sede di Dresda e Mary, profondamente convinta dell’Ausdruckstanz, la nuova forma di danza espressiva e profondamente lontana dal balletto classico che aveva messo a punto nei suoi studi con Laban, riparò prima a Lipsia dove aprì un’ulteriore sede dell’istituto e, successivamente alla II Guerra Mondiale, a Berlino, dove nel 1973 morì.

La poetica della Wigman si fonda sul rapporto uomo-spazio, vissuto non tramite le cadenze musicali obbligate ma seguendo il ritmo interiore dell’uomo.

Perciò le sue coreografie si svolgevano spesso senza musica oppure erano accompagnate da strumenti a percussione.

Fu, tra l’altro, maestra di danza della regista Leni Riefenstahl. Un’altra sua allieva, fu l’attrice Trude von Molo.

L’autrice Susan Manning è docente di “English Theatre and Performance Studies” alla Northwestern University di Evanston nell’Illinois.

Ha pubblicato “Modern Dance, Negro Dance: Race in Motion”, “Ecstasy and the Demon: the Dances of Mary Wigman”, “New German Dance Studies”.

È stata curatrice della mostra “Danses noires/blanche Amérique” al Centre National de la Danse di Parigi e ha lavorato alla drammaturgia di “Moses(es)” del coreografo e regista Reggie Wilson.

È Principal Investigator nel progetto “Dance Studies in/and the Humanities”, finanziato dalla Mellon Foundation, e Board Chair del Chicago Dance History Project.

La curatrice Patrizia Veroli è una studiosa indipendente che ha pubblicato diversi volumi soprattutto sulla danza del Novecento. Autrice tra l’altro di “Milloss. Un maestro della coreografia tra espressionismo e classicità, ha curato anche “I Ballets Russes di Diaghilev tra storia e mito”.

Istituto Italiano di Studi Germanici, promozione e conoscenza

L’Istituto Italiano di Studi Germanici è un ente di ricerca vigilato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. L’istituto ha sede dentro Villa Sciarra-Wurts sul Gianicolo a Roma, e si affaccia su uno dei più bei panorami del mondo.

Il suo parco è ombreggiato da piante provenienti dall’Asia e dall’America, tra cui il ginkgo biloba amato da J.W. Goethe – cui si ispira il logo dell’Istituto.

Dal 1931 l’Istituto Italiano di Studi Germanici si dedica all’Europa del Nord, promuovendo la conoscenza reciproca e la collaborazione scientifica fra l’Italia e la Germania, l’Austria, la Svizzera, la Danimarca, la Svezia, la Norvegia e l’Olanda. Oggi l’IISG fornisce supporto e formazione ai ricercatori di area umanistica.

I suoi ambiti di attività si sono estesi nel corso degli anni dalla letteratura alla linguistica, alla filosofia, alla storia, al cinema, al diritto e all’economia.

Grazie a un’ampia rete di collaborazioni con studiosi delle principali università italiane ed estere l’IISG promuove progetti di ricerca in proprio, è host institution di progetti nazionali ed europei, ed è partner in progetti cooperativi.

Dal 1935 l’IISG pubblica “Studi Germanici”, la più importante rivista italiana del settore, oggi disponibile online in open access.

Nel 2012 l’ente ha inaugurato il nuovo programma di pubblicazioni fondando le Edizioni Studi Germanici. Inoltre, l’IISG è sede dell’Associazione Italiana di Studi Manniani, dell’Associazione Italiana Walter Benjamin e della sezione italiana della Friedrich-Hölderlin-Gesellschaft. Organizza  anche convegni, seminari e incontri scientifici di varia natura.

L’archivio possiede quattro fondi archivistici di grande interesse, mentre la Biblioteca ospita sui suoi scaffali oltre 70.000 volumi e circa 400 periodici. Preziose cinquecentine, altre rare edizioni e custodisce importanti donazioni e rari materiali, così come l’archivio.

La biblioteca, aperta esclusivamente ad un pubblico di studiosi, ricercatori e specialisti, è la più ricca del Mediterraneo per gli studi germanistici e scandinavistici.

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