In live streaming GRATUITO
sabato 13 febbraio ore 21
L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello,
un’opera di Michael Nyman
tratta da un testo di Oliver Sacks.
Una coproduzione OperaInCanto,
Istituzione Universitaria dei Concerti e Nuova Consonanza.
Link per lo streaming disponibile fino al 20 febbraio
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La pandemia e i limiti alla musica dal vivo non impediscono a tre importanti istituzioni musicali come OperaInCanto, Istituzione Universitaria dei Concerti e Nuova Consonanza di continuare la loro mission culturale: con coraggio propongono un progetto musicale che parla, attraverso la creatività di Michael Nyman, del potere taumaturgico della musica.
A interpretare i tre soli personaggi di questo atto unico, il soprano Elisa Cenni, il tenore Roberto Jachini Virgili e il basso Federico Benetti.
Fabio Maestri dirige l’Ensemble In Canto, regia e impianto scenico sono di Carlo Fiorini.
Composta nel 1986, l’opera The Man who mistook his Wife for a Hat (L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello) è tratta dall’omonimo testo del neurologo Oliver Sacks. Strutturata in un unico atto, l’opera associa la musica minimalista di Nyman al mondo della psicologia cognitiva e delle neuroscienze, a cui Sacks ha dedicato i suoi studi, attraverso la curiosa vicenda del Dr. P, un musicista affetto da un raro disturbo, la “agnosia visiva”, causa di gravi difficoltà nel riconoscere le persone e gli oggetti su cui posava lo sguardo. “Tali pazienti “vedono e non vedono”. Vedono colori, immagini, linee, oggetti, movimento, ma sono incapaci di riconoscerli. Non riconoscono persone, luoghi o oggetti comuni: il loro mondo visivo ha perso senso e familiarità” scrive Sacks che non descrive il problema neurologico, ma conduce il lettore passo per passo attraverso la scoperta della condizione del paziente: un processo narrativo che richiede un processo musicale parallelo. Come in un’indagine poliziesca, il medico dell’opera cerca di scoprire le cause del disagio del suo paziente e individua nella musica la sua unica possibile via di salvezza. Un apologo, quindi, sul potere terapeutico della musica.