Lunga giornata verso la notte al Teatro Vascello di Roma

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Dal debutto internazionale del 56 a quello italiano nel 1957 al Teatro Valle la Lunga giornata verso la notte, opera in gran parte autobiografica di Eugene O’Neill, ha fatta molta, moltissima di strada, passando sui palcoscenici di quasi tutto il mondo ed entrando nel repertorio di artisti del calibro di Laurence Olivier, Jack Lemmon, Jeremy Irons, Vanessa Redgrave, Philip Seymour Hoffman, Jessica Lange, Gabriele Ferzetti, Anna Proclemer, solo per citarne alcuni, senza dimenticare persino una trasposizione cinematografica di Sidney Lumet del 1962 con Katharine Hepburn. Interpreti rinomati a garanzia di un lavoro imponente in termini drammaturgici e qualitativi sul fronte performativo, tanto quanto il Pulitzer o il Nobel lo sono per lo stesso O’Neill su quello strettamente creativo. Così il dramma di questa famiglia americana ha potuto attraversare indenne più di mezzo secolo, senza perdere nulla della forza originaria, accomunata spesso al fatalismo della mitologia antica.

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In effetti la concezione teatrale di O’Neill ha la caratteristica, almeno nei suoi testi più rappresentativi, di affondare le sue radici in due esperienze universali della storia del teatro: la tragedia greca e la claustrofobica concezione di Ibsen e Strindberg. Mescolando i due mondi, è  proprio O’Neill a fissare le regole di una drammaturgia americana specifica e riconoscibile – come le architetture coloniali – che parte dal tema della inoppugnabilità del fato e vi innesta un senso di angoscia e ineluttabilità freudiana dal sapore nordeuropeo, attingendo a piene mani nella realtà verosimile e spesso squallida della società staunitense contemporanea, quando non dall’autobiografia.

Sorvoliamo sugli aspetti della vita del drammaturgo che si possono ritrovare in questo dramma  postumo, sorvoliamo sulle dinamiche irrisolte della trama, sui rimandi ai miti o alla psicanalisi, sulla violenza di alcuni silenzi lessicali o sull’insistenza di altre parole fin troppo presenti: mai come in questo caso si sentono pronunciare con tanta frequenza le parole “colpa” e “scusa”.

Sorvoliamo, infine, su altre riflessioni storiche per concentrarci sulla mirabile trasposizione che ne ha ideato la mente registica di Arturo Cirillo, già apprezzato in precedenza per Lo Zoo di vetro e Chi ha paura di Virginia Wolf in cui si impegna a ricostruire una sorta di personalissima riflessione sulla drammaturgia statunitense. O forse sulla perfida declinazione di fragili incongruenze per una società in crisi. Grazie alle sue frequentazioni di molti e differenti autori peraltro distanti da questa concezione drammatica (personalmente lo ricordo in una superba messinscena di Ruccello al Teatro India), egli riesce a puntare un occhio ironico, a volte, quasi provocatorio verso se stesso, impegnato anche come attore, e verso gli altri colleghi. E riesce a colorire l’opera di una storicità realistica eppure ieratica ed essenziale. Tutto principia innanzitutto dallo spazio scenico: delineato da un tappeto circolare di un giallo crema, questa porzione di palco somiglia a una sorta di ring in cui combattersi con le parole o con i corpi. Tutto attorno il nero della notte, fatto di velatini sinuosi da cui emergono gli esterni onirici, e di quattro postazioni per il trucco. È il camerino che entra sul palco e ne delimita gli spazi, offrendo al pubblico l’opportunità di una riflessione sulla vita stessa, vittima di un continuo, logorante e difficoltoso “essere in parte”.

I mezzi del teatro, pirandellianamente, vengono svelati tutto intorno, così accade anche per la nebbia che confonde personaggi e pubblico insieme, ma questa lunga giornata si svolge al centro, sotto le fioche luci calde di una casa americana degli anni ’60,  quasi più vicini ai rivoluzionari ’70, delle essenziali scene di Dario Gessati. Una rivoluzione che non si attua mai perché la morte e il vizio incombono, fin dall’inizio, su tutti e ne segnano il tragico destino. I costumi di Tommaso Lagattolla suggeriscono l’epoca, senza interferire, ma si accordano cromaticamente al giallo che delimita la casa, mentre le luci di Mario Loprevite spesso segmentano le espressioni, i volti e i corpi di questa umanità lacerata, facendone trionfante scempio e amplificando la sofferenza delle anime perdute. Già private di un quotidiano verosimile e patinato (il cibo, gli oggetti, i dettagli sono suggeriti, mai mostrati), queste figure tragiche assurgono a icone di disperazione familiare oltreché personale.

Un cast di attori eccellenti e multiformi accompagna con convinzioni le idee del regista. Così Milvia Marigliano, unica donna del dramma in questa versione, è una Mary inquieta e isolata dagli altri – come spesso sottolineano le stesse frasi del marito e dei figli – ma è l’unica che cerca un riscatto dalla dipendenza e dal dolore nel ricordo di un tempo felice. Arturo Cirillo interpreta James innestandogli delle venature di mediocrità ironica e compiaciuta e dando così vita a un personaggio originale e antipatico, senza possibilità di redenzione. Il suo alter ego è Rosario Lisma, il figlio maggiore, che al principio sembra poco convincente, ma che alla fine conquista la scena con una grande prova di attore in cui mescola, con inconsueta credibilità, tutti gli stati d’animo che O’Neill riesce a condensare nella lunga tirata al fratello. Da ultimo Riccardo Buffonini (già stupefacente Lord Douglas in Atti Osceni) profila un Edmund delicato, ma consapevole e quasi eroico, pur nella sconfitta. Si esce commossi, ma anche incredibilmente coinvolti.

dall’8 al 13 gennaio 2019  dal martedì al sabato h 21 domenica h 18 (Teatro)
Tieffe Teatro Milano
Lunga giornata verso la notte
di Eugene O’ Neill
traduzione Bruno Fonzi
regia Arturo Cirillo
con Milvia Marigliano – Mary
Arturo Cirillo – James
Rosario Lisma – James Jr.
Riccardo Buffonini – Edmund
scene Dario Gessati
costumi Tommaso Lagattolla
luci Mario Loprevite
assistente alla regia Mario Scandale  assistente scene Maddalena Moretti
assistente costumi Donato Di Donna un ringraziamento per la collaborazione a Lucia Rho
spettacolo selezionato nell’ambito di NEXT edizione 2017-18 promosso da Regione Lombardia in collaborazione con Fondazione Cariplo

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