Oggi più che mai l’emigrazione di massa della generazione anni 80 e 90 si dirige, fra le mete più ambite, verso Londra. La capitale inglese offre lavoro – quello che a volte è difficile trovare in Italia – e un mondo più variegato e multiforme di luoghi, occasioni e personalità. L’occasione di andare a fare visita a figli o fratelli emigrati si concilia con l’opportunità di girare, in poco, a volte pochissimo tempo, questa fantasmagorica metropoli. Ecco i miei tre giorni.
Sono ospite in Bethnal Green, in un piccolo flat di due bedroom, living room, cucina e bagno. Mia sorella, che a Londra è hairstylist , mi racconta la realtà di questo quartiere, uno degli innumerevoli in cui vivono ragazzi di differenti paesi. È anche la mia guida nelle scorribande nei musei, nei locali e nei teatri di una città che non si spegne mai.
Salutata la coinquilina canadese, la mattina comincia al Quarantacinque, un caffè su Roman Road n° 45, appunto. Si tratta di un locale gestito da tre italiani: Francesco, Massimo e Matilde. Il cibo è buono, casalingo, ma anche ricercato e l’ambiente accogliente.
Tutti e tre si occupano di fotografia e fanno un ottimo espresso. Sono a Londra da diversi anni e mantengono i contatti con l’Italia: Massimo ha collaborato con il Maxxi di Roma e Francesco ha un progetto fotografico che ci mostra con orgoglio sul suo sito e sul suo profilo instagram.
Le prime ore della giornata, poi, passano in fila a Leicester Square dove il chiosco del TKTS – London Theatre Tickets vende i biglietti scontati per gli show del West End.
Sarebbe un peccato venire a Londra e perdere l’opportunità di assistere almeno ad uno di questi capolavori dello Show Business.
Siamo fortunati e troviamo ottimi posti per Dreamgirls al Savoy Theatre, per lo spettacolo delle 19.30.
Nell’attesa, passeggiamo per la Tate Britain dove è allestita una mostra sulla Queer British Art L’arte a cavallo fra i due secoli, fra due date importanti per l’Inghilterra queer: la fine della pena di morte per il reato di omosessualità e la sua depenalizzazione.
Il percorso si snoda fra dipinti e sculture, ma non mancano cimeli più particolari, come il terribile biglietto inviato dal padre di Alfred Douglas a Oscar Wilde, da cui scaturirono i tre processi e la detenzione, o la vestaglia di Noel Coward.
Programmiamo una cena veloce a Covent Garden: impossibile, troppo affollato, rischieremmo di perdere lo show.
Scegliamo uno dei tanti street food e voliamo al Savoy. Affascinante teatro il Savoy: aprì il 10 ottobre 1881 per la rappresentazione delle opere di Gilbert e Sullivan.
Fu il primo teatro al mondo a essere dotato di impianto elettrico. I suoi affascinanti interni dorati sono però rifacimenti moderni, perché come molti edifici londinesi è stato restaurato dopo un disastroso incendio. Lo show è piacevole, ma non esaltante. Se la musica ha il suo appeal, la regia sembra troppo poco fantasiosa e mediamente ripetitiva.
Il giorno successivo ci aspetta il Victoria and Albert Museum. I suoi interni, zeppi di ogni curiosità, ben dipingono la civiltà vittoriana, la sua scrupolosa voglia di conservazione e catalogazione.
Mentre alcuni bambini giocano nella fontana del cortile centrale, sotto un sole particolarmente caldo per Londra, noi visitiamo una parte della collezione stabile, quella relativa alla moda, interessante soprattutto perché l’allestimento varia regolarmente. Si ha quindi l’opportunità di vedere abiti e accessori sempre differenti.
Ci dirigiamo poi verso lo spazio dedicato alla mostra di Cristobal Balenciaga.
Lo stilista spagnolo, trasferitosi a Parigi, è stato un punto di riferimento nel mondo dell’alta moda.
I suoi capi, indossati da principesse e attrici di fama, sono capolavori di ricerca e di perfezione della haute couture.
Il percorso espositivo è diviso su due livelli: al primo sono esposti gli abiti di Balenciaga, affiancati da pannelli espositivi e video sulle diverse tecniche di composizione e ideazione sartoriale; mentre al piano superiore si trovano le creazioni di stilisti che hanno collaborato e si sono ispirati a lui, come Oscar de la Renta e André Courrèges.
Lasciamo il museo e con una lunga camminata attraversiamo Kensington e Chelsea, passiamo accanto alla casa di Ingrid Bergman, arriviamo al Battersea Park dove un tempo si svolgevano i duelli, mentre oggi famiglie, coppie o singoli si godono questa esplosione d’estate.
Ci dedichiamo una cena veloce a base di zuppa, noodles e dumplings veg in un localino pittoresco, proprio all’inizio del quartiere cinese, chiamato Dumplings King. Il locale è noto soprattutto perché c’è sempre una signora in vetrina a preparare ravioli di ogni genere, da quelli tradizionali a quelli veg.
Alle 19.30 siamo pronti per applaudire la pluripremiata Audra McDonald che ha debuttato a giugno nel West End con la prima produzione londinese di Lady Day at Emerson’s Bar and Grill , in cui torna a recitare nei panni di Billie Holiday dopo il grande successo di Broadway.
Noi siamo molto in alto, nel Grand Circle (la nostra galleria dei teatri all’italiana), ma la visibilità è ottima. L’impressione che si ha è quella di un viaggio nel tempo, sembra di assistere a uno dei favolosi concerti della Holiday che, ubriaca e spesso drogata – il testo non ci risparmia nessun dettaglio della vita travagliata di questa artista – riusciva a raggiungere vette interpretative inaspettate.
La McDonald è impressionante nella somiglianza, fisica e vocale, e presenta una Lady Day aggressiva e fragile, spiritosa e drammatica, il cui picco emotivo si condensa in Strange Fruit.
Il terzo giorno ci aspettano i banchi del mercato di Brick Lane dove accanto al modernariato si possono trovare creazioni originali di giovani stilisti, gioielli realizzati con i materiali più disparati e cibo di ogni paese del mondo: anche un banco con agnolotti e tortellini al pesto!
In questi casi la scelta migliore è il cibo orientale che è particolarmente gustoso e facile da consumare anche in piedi. Poi proseguiamo fra le vie e gli edifici industriali recuperati, spesso rinnovati grazie a meravigliose opere di street art.
Il pomeriggio non ci lasciamo scappare un ultimo show, ma prima di entrare in teatro non manca una piccola incursione nello storico negozio di Penhaligon’s di Wellington street per lasciarsi inebriare dalle favolose e ricercate fragranze della storica profumeria inglese.
Arriviamo poi al Theatre Royal Drury Lane, che sembra essere il teatro più infestato d’Inghilterra, per assistere a 42nd Street .
Capita spesso di trovare in scena dei revival, cioè degli show storici che vengono riallestiti, perché particolarmente noti e apprezzati dal pubblico.
In questo caso c’è tutto ciò che ci si aspetta: scene, costumi, balletti, canzoni e grandi numeri accompagnati dal rassicurante suono delle scarpe da tip tap! Gli interpreti sanno essere oltre l’eccellenza anche in una pomeridiana, segno della profonda professionalità e perfezione di questo genere di spettacolo tipicamente londinese che anche in Italia sta trovando il suo spazio, con esiti e professionalità molto diverse.
La nostra giornata si conclude infine con una lunga passeggiata lungo il Tamigi da Waterloo Bridge fino alla Tate Modern, dalla cui terrazza godiamo il tramonto che arrossa i più noti grattacieli londinesi: il 30 St. Mary Axe, più noto come “The Gherkin”, e il più discusso Shard London Bridge.
Ci aspetta ancora una cena tipicamente british a base di fish and chips, birra e pudding in uno dei tanti locali sulla sponda del fiume.
Fonte Foto
Quarantacinque, Facebook Official Page
TKTS, Google Im.
Dreamgirls, Facebook Official Page
Queer British Art, official site
The Savoy Theatre, Facebook Official Page
Victoria and Albert Museum, Facebook Official Page
Cristóbal Balenciaga, © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos, official site
Audra McDonald, Facebook Official Page
Copertina: Hairstylist, ©Emiliano Metalli