Premessa: pochi spezzoni di programmi televisivi incrociati qui e lì ti permettono di inquadrare molto vagamente un personaggio.
Per cui non sapevo cosa aspettarmi dall’incontro, o meglio varo, del Festival Approdi di sabato sera al Museo Revoltella di Trieste. Protagonista de “Lo straordinario racconto della normalità” è Domenico Iannaccone.
Iannaccone, per come possono aiutare due ore di incontro a conoscere un professionista, è persona prima che personaggio televisivo ed è per questo che dovrebbe essere uno dei punti di riferimento, da tenere sempre in considerazione, per i giovani che si avvicinano al mestiere.
Anche se a guardare e ad ascoltarlo meglio giornalista è una definizione che ad Iannaccone sta stretta.
Poiché quello del giornalista è un lavoro facilmente manipolabile.
Motivo per il quale, nonostante anni nelle fila, di Ballarò prima e di Presa diretta poi, ha lasciato
ogni volta che mi sono sentito imprigionato, impossibilitato a raccontare la realtà
Questo, come ha ribadito a Cristina Bonadei, giornalista e moderatrice dell’incontro, gli ha permesso di fare un lavoro libero, e questa cosa si può fare solo quando si è corretti.
Alcune parole chiave
Alcuni elementi arrivano chiari e lampanti: la bussola che orienta l’essere persona e professionista è solo quella del rispetto, di chi si ha di fronte ma anche nei confronti del proprio lavoro.
Forse è meglio definirla lealtà verso il mestiere del ‘giornalista’, o di chi in primis ama raccontare (e lo ripete a più riprese nel suo intervento), e ama incontrare le persone, specialmente gli studenti nelle scuole.
Rispetto,quindi, e lealtà, unite ad ascolto dell’altro ed empatia.
A riguardo dell’ascolto dell’altro è chiara la presa di posizione, forse prettamente tecnica ma anche molto umana
io voglio reintrodurre i silenzi, non uso mai il taglio in asse perché questo mai è sinonimo di verità televisiva, non permette di entrare in relazione con lo spettatore
Lo straordinario racconto della normalità
L’approdo/Varo/Partenza di sabato è un percorso che ha portato il numeroso pubblico in un viaggio tra diverse città.
Diverse città scandagliate nei propri particolari connotati, ognuna con la sua natura.
Prima a rivelarla, Napoli, presente con due reportage all’interno del recente “I dieci comandamenti”: ‘L’altro mare’ ( servizio che doveva durare 5 minuti e che invece è diventato puntata da 55 minuti)
e ‘Spaccanapoli’, accompagnato da Oreste Pipolo, il fotografo dei matrimoni ‘.
Del primo, Iannaccone, amante del cinema, ammette di aver ritrovato nella cittadina campana elementi di “Casotto” di Citti.
Una Napoli regno di un abusivismo funzionale ma pregno di una dimensione umana incredibile.
Uno sguardo mai giudicante e un impegno a essere cassa di risonanza per il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, come nell’esperienza di Milano.
In “Miracolo a Milano” ritroviamo una natura più nascosta ma contenente sempre una rete di protezione per l’individuo.
Una città schizofrenica, un altro mare più diffuso in cui è stato traghettato da un Caronte- ufficiale giudiziario/scrittore: Giuseppe Marotta.
Ciò lo ha portato alle situazioni che più si avvicinano al baratro e che fanno emergere con quanta facilità ci si possa cadere ma anche la necessità di incidere, sempre, anche nel proprio piccolo quotidiano.
L’ultima città toccata è Roma, realtà distonica come l’ha definita Iannaccone.
Una città vissuta su una Vespa, come Nanni Moretti, e in cui è stato affiancato da Valerio Mastandrea.
Una tappa avvenuta in un periodo in cui si erano chiuse ancora una volta le indagini sulla morte di Pasolini.
Questo aveva Permesso la visita di Iannaccone al DAP, Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, dove si trovano i reperti ed effetti personali di Pier Paolo Pasolini al momento della morte.
“Arrivederci Roma” si chiude così, con una panoramica silenziosa, intensa e piena di significati su questi oggetti.
Questa scelta sottolinea ancora una volta la persona, ma anche giornalista che è Domenico Iannaccone.