È andato in scena all’Off Off Theatre, dal 14 al 19 gennaio, L’enigma dell’amore. In memoria di Karl Heinrcich Urlichs. Un lavoro ambizioso per il tipo di narrazione scelto e per la figura del protagonista. Urlichs… chi era costui? Potrebbero commentare molti spettatori. Difficile ricordarlo anche per chi conosce bene la storia dei movimenti LGBT. In effetti questo intellettuale tedesco, morto all’Aquila in condizioni di estrema povertà, è stato forse il primo pensatore moderno ad affermare pubblicamente che l’omosessualità è una condizione della natura e non deve essere condannata o penalizzata in nessun modo. Lo ha fatto attraverso i suoi scritti e la sua biografia stessa, mettendo a rischio la propria libertà e lo status sociale in favore di un ideale universale, più alto e più importante. Ricordare questa figura che ha coniato il termine “Uraniano” per definire l’amore fra persone dello stesso sesso è certamente un pregio di questo allestimento che non è esente da imperfezioni formali, nonostante si noti la volontà e il lavoro dei professionisti coinvolti.
La scena rappresenta una stanza fuori dal tempo, forse una di quelle di Palazzo Persichetti all’Aquila. Pochi dettagli definiscono lo spazio: un letto su cui giace, all’inizio e alla fine dello spettacolo, il corpo nudo del protagonista, deposto in una prospettiva da “Cristo morto” del Mantegna; una panca; uno schermo enorme chiude lo sfondo, su questo sono proiettati, di volta in volta, le immagini degli uomini amati da Urlichs e alcuni filmati. Le quattro pareti sono ricoperte di teli trasparenti, in parte perché la vicenda si svolge post mortem e in parte perché la condizione del protagonista è sempre stata isolata dalla società a lui contemporanea che non ne condivideva gli ideali. In quello spazio entrano solo i ricordi, i discorsi, i principi e gli uomini amati per qualche tempo o solo per una notte.
Il testo, curato da Saverio Aversa e Fabio Grossi, è un collage più o meno cronologico, sebbene extratemporale, di discorsi storici, citazioni e invenzioni biografiche che a volte rischia di risultare più racconto che dramma. Proprio per questo anche la regia di Fabio Grossi non riesce a trovare un dinamismo che si distacchi da questa attitudine al racconto, limitando i movimenti e “l’incontro” dei diversi personaggi a pochi “luoghi”, con un uso astratto dell’atteggiamento scenico, adatto al contesto, ma a volte ripetitivo nonostante la breve durata.
Il peso della responsabilità nel mantenere desta l’attenzione del pubblico resta ai due interpreti. Fabio Pasquini incarna un Urlichs più novecentesco che positivista, la cui grazia nel prestare le battute rischia di sembrare più maniera che interpretazione. Tuttavia in quest’ottica potrebbe essere una chiave interessante, dal momento che vi associa una fisicità dimessa e seducente allo stesso tempo, più adatta alla nudità che all’abito storico. Francesco Maccarinelli, invece, sfoggia un fisico accattivante, ma “attuale”, senza possibilità di strizzare l’occhio alla carnalità sanguigna dei soldati tedeschi del tardo Ottocento, alla loro ingenuità seduttiva. Lui sa di essere bello, ce lo ricorda ad ogni sorriso, ad ogni sguardo, ad ogni guizzo dei muscoli e questo limita in qualche modo la sua prestazione, nonostante la capacità di attraversare, più credibilmente con la parola, la lunga serie di amori uraniani del protagonista. Le sue foto, in vesti differenti, scorrono sullo sfondo e lì, grazie all’abito e alle inquadrature, la sua abilità nel cambiare lo fa apparire simile ai grandi seduttori del cinema internazionale: da Helmut Berger a Patrick Swayze.
Il finale, oltre all’inaspettato discorso funerario interpretato da Leo Gullotta in video, sembrerebbe collegare la biografia narrata alle istanze novecentesche di Orgoglio, ma l’effetto è mancato perché la distanza, storica e drammaturgica, è eccessiva.
La prova è però apprezzata dal pubblico, per la prestanza degli attori che mostrano se stessi senza vergogna, ma anche per l’acutezza di ripescare un personaggio così sconosciuto eppure così importante della storia dell’Umanità.
14-19 gennaio 2020
Off Off Theatre
L’Enigma dell’Amore
in memoria di Karl Heinrich Urlichs
Di Saverio Aversa e Fabio Grossi
Regia Fabio Grossi
Con Fabio Pasquini e Francesco Maccarinelli