Last summer, un tuffo al cuore al Festival del Film di Roma

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Una madre deve dire addio al proprio figlio di sei anni di cui ha perso la custodia. Ha solo quattro giorni da trascorrere insieme in un contesto isolato, uno yacht al largo di un mare imperturbabile, sorvegliata a vista dall’equipaggio della potente famiglia americana dell’ex-marito. Last Summer, opera prima di Leonardo Guerra Seràgnoli, è in concorso nella sezione Prospettive italia al Festival Internazionale del film di Roma. Uscirà nelle sale il 30 ottobre distribuito da Bolero Film. Il regista italiano ha scelto un valido cast internazionale: l’espressiva attrice giapponese Rinko Kikuchi, Lucy Griffiths, Yorick van Wageningen, Daniel Ball, Laura Bach, ed il  dolcissimo, riccioluto Ken Brady. La sceneggiatura è stata affidata alla scrittrice Banana Yoshimoto e il film si sfoglia proprio come uno dei suoi romanzi, tenendo appesi sul filo del pathos fino all’ultimo.

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L’impatto iniziale tra madre e figlio è quello tra due estranei. Il piccolo Ken non riconosce il suo ruolo genitoriale e la respinge, reclamando la tata lontana o la hostess di bordo, la quale non ne favorisce il contatto, per ordini ricevuti e personale ostilità. Solo il comandante della barca guarderà oltre il pregiudizio, senza indagare i motivi della restrittiva ordinanza che costringerà la madre “inadatta” a non vedere per anni il suo bambino.

A poco a poco, con la perseveranza di chi sa aspettare, Naomi riconquisterà la fiducia di Ken, parlandogli nella lingua natìa, un canale di comunicazione esclusivo in cui gli altri non possono interferire. Tutto è all’insegna del minimalismo, ma profondo, cristallino, riflessivo come le silenziose acque (pugliesi) in cui sono ancorati i sentimenti. La fotografia di Filippo Corticelli è pulita ed essenziale, basata su simmetrie e giochi di specchi, così gli sguardi tra madre e figlio che si riflettono gli uni negli altri senza bisogno di troppe parole, alimentandosi di sorrisi complici, contrapposti al lusso superfluo e alle maniere forzate.

La cultura giapponese è viva, composta, come il dolore e le lacrime che Naomi fa trasparire per il prossimo distacco. Sono fondamentali nel percorso di riscoperta delle radici di parte materna, i rituali, i simboli, i racconti sacri e – come ha dichiarato il cosceneggiatore IgorT – il “kororo”, il cuore spirituale delle cose. E continuerà a battere nonostante passi un oceano in mezzo.

 

 

 

 

 

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