Dall’11 settembre arriva in tutte le sale italiane La Zuppa del Demonio, un documentario di Davide Ferrario nato da un’idea di Sergio Toffetti e distribuito da MICROCINEMA e RAI COM.
Prodotto da Davide Ferrario, Francesca Bocca, Ladis Zanini, ROSSOFUOCO e RAI CINEMA, il progetto ha avuto il sostegno e la partecipazione di Archivio Nazionale Cinema d’Impresa – CSC, Piemonte Doc Film Fund – Fondo regionale per il documentario, Società Consortile Ogr-Crt e Fondazione Guelpa – Ivrea.
“La zuppa del demonio” è il termine usato da Dino Buzzati nel commento a un documentario industriale del 1964, Il pianeta acciaio, per descrivere le lavorazioni nell’altoforno.
Il documentario comincia proprio da questa definizione per poi tornare indietro nel tempo fino ai primi del ‘900 quando, con le prime sale cinematografiche, cominciò la pubblicità industriale e la propaganda a favore dello sviluppo tecnologico.
Tutti lo sanno, il demonio è il tentatore per eccellenza e l’uomo cede facilmente al fascino delle luci delle fabbriche e delle città. In 100 anni, il treno del progresso non si è mai fatto fermare e questo ha portato vantaggi considerevoli alla popolazione mondiale ma, sotto alcuni aspetti, il mondo è andato ad ingrigirsi e a perdere i suoi colori naturali.
Vedendo i giovani moderni, un anziano non può riconoscere la propria giovinezza perché oramai sono troppo diversi.
Durante il film, con queste parole di Pier Paolo Pasolini viene accompagnato un documentario degli anni ’50 in cui il commentatore, tristemente, comunicava la scomparsa delle lucciole dalle città a causa dell’eccessivo smog.
Tutta l’opera è un continuo susseguirsi di spezzoni di pubblicità industriale, propaganda e documentari industriali accompagnati da citazioni di giornalisti, scrittori ed intellettuali che hanno visto e fatto la storia italiana nell’ultimo secolo. Materiale fornito dall’ Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa di Ivrea, grazie all’ottimo lavoro svolto al momento del montaggio , il prodotto finale riesce ad affascinare il pubblico di ogni età. Chi più avanti con l’età potrà rivivere il proprio passato e riportare alla memoria quegli stessi spot pubblicitari. Chi più giovane, invece, rimarrà affascinato dal cambiamento del linguaggio televisivo negli anni e dalla visione del mondo che si possedeva a quel tempo.
Lo scopo del film, comunque, non è svolgere un discorso storico, politico o sociologico ma provare a restituire, senza una mal riposta nostalgia, ad una modernità stanca e pessimista lo stesso senso di energia che pervadeva le generazioni del vecchio secolo e che faceva guardare al futuro con speranza e ottimismo.
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