Al Teatro Il Celebrazioni di Bologna Venerdì 29 e sabato 30 Aprile c’è stata la rappresentazione de “La Scena”, una brillante commedia scritta e diretta da Cristina Comencini che ha visto come protagonisti Angela Finocchiaro, Maria Amelia Monti e Stefano Annoni.
Da anni Cristina Comencini è protagonista nelle battaglie più importanti delle donne, è stata tra le fondatrici nel 2011 dell’associazione “Se non ora quando”; questo investe inevitabilmente il suo modo di scrivere, il suo cinema e, appunto, il suo teatro che fa da autrice e regista: “Due partite” era la storia di quattro madri e quattro figlie nel passaggio da un’epoca all’altra, “Libere” ha promosso la “questione femminile” in Italia, “La scena” è come un turbinio che sviscera ogni sentimento della vita di una donna: l’amore, la paura, il dolore, l’amicizia e tutta la fragile forza femminile, legata però ineluttabilmente alla sfera maschile.
Accompagnati da una scenografia un po’ casereccia e senza troppo carattere che rappresentava l’interno di un appartamento con il soggiorno in primo piano, la camera da letto e la cucina in secondo piano, e di fronte ad un pubblico prevalentemente femminile, i tre attori hanno dato prova della loro bravura.
La storia si svolge una domenica mattina, quando Lucia (Angela Finocchiaro) va a trovare l’amica Maria (Maria Amelia Monti) per provare la parte che dovrà recitare il giorno dopo; i caratteri delle due donne si rivelano da subito opposti: il monologo per Lucia, attrice, è drammatico e racconta la fragilità e le temibili tempeste dell’anima, per Maria, dirigente di banca separata e madre di due bambini, invece è passionale e narra allegri ed erotici terremoti interni, occasioni di vita, ”molte volte i terremoti possono essere provvidenziali” dice.
Maria ha passato la notte con un uomo incontrato ad una festa del quale non sa praticamente nulla a parte che il linguaggio del corpo le ha fatto capire che è quello giusto per lei, ma svegliandosi non lo trova nel letto e crede sia andato via; racconta alla sua amica della serata e alla domanda: “come si chiama?” risponde: “Perché tu agli uomini riesci anche a chiedere il nome?” Mentre Maria prepara il caffè compare l’uomo, anzi il ragazzo, ventiseienne, in mutande, che era andato a dormire nella camera dei bambini perché lei russava e crede che Lucia sia Maria; quando Maria rientra in scena non può che interpretare la parte di Lucia. Alla fine ognuna riprenderà il suo ruolo ma intanto fra i tre nasce una sorta di complicità in un clima di confessioni.
Il risultato è una profonda riflessione sul palco ma anche per lo spettatore: è più solo chi, come Maria, cerca di consolarsi mettendosi nel letto ogni sera una persona diversa, o chi, come Lucia, con durezza, respinge la realtà e si innamora solo dei personaggi dei romanzi sul palcoscenico senza riuscire a trovare nella realtà una persona all’altezza, o chi, come l’aitante giovane in mutande, viene lasciato dalla fidanzata perché non riesce a pianificare ogni dettaglio della loro vita a partire dalle vacanze fino ad arrivare al futuro professionale e familiare e si consola conquistando una donna che ha l’età di sua madre? La risposta, sul palco, è che ognuno, memore delle proprie esperienze, cerca di reagire con i mezzi che sembrano opporsi al proprio vissuto, ma in realtà ognuno si ritrova a recitare un po’ una parte per non sentire la solitudine. Una delle battute che ha provocato più ilarità è stata: “le donne passano la prima parte della vita a fare progetti, la seconda a smontarli”, ma siamo sicuri che faccia davvero ridere?
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