Dal 24 giugno al 18 settembre 2016 il Museo della Musica di Bologna, in collaborazione col Comune di Bologna e con la Fondazione Arnaldo Pomodoro, ospita la mostra “La passione di Cleopatra. Visioni e maschere di Arnaldo Pomodoro” che porta all’interno delle sale espositive i materiali progettuali (disegni, maschere, ornamenti, modellini di scena) realizzati dal Maestro per la messinscena de “La passione di Cleopatra” del poeta egiziano Ahmad Shawqi.
L’opera, con la regia di Cherif e le musiche di Paolo Terni, venne rappresentata sui ruderi di Gibellina, cittadina in provincia di Trapani distrutta dal terremoto del Belice nel 1968.
Un sindaco illuminato, Ludovico Carrao, dopo la tragedia volle fare di Gibellina un centro culturale di rilievo sostenendo, a giusta ragione, che
“solo l’arte avrebbe potuto restituire un’anima a quella città vuota e senza un centro costruita dal nulla dopo il terremoto”
11 kilometri più in là rispetto alla posizione precedente”; invitò vari artisti con competenze diverse nell’ambito delle Orestiadi, rassegna internazionale di teatro, musica e arti visive che si tiene ancora oggi nel paese; tra questi spicca il nome di Alberto Burri che con il suo “Cretto”, gigantesco monumento della morte che ripercorre le vie e vicoli della vecchia città, ha reso le macerie “cementificate” un’opera d’arte di risonanza internazionale; dall’alto l’opera appare come una serie di fratture di cemento sul terreno, il cui valore artistico risiede nel congelamento della memoria storica di un paese.
Il Cretto è una tra le opere d’Arte contemporanea più estese al mondo; non mancarono a Gibellina opere a firma di nomi importanti dell’architettura contemporanea, quando ancora non si chiamavano Archistar, come Ludovico Quaroni, Vittorio Gregotti e Giuseppe Samonà.
La progettazione della scenografia e dei costumi, realizzati in collaborazione con Gianni Versace, de “La passione di Cleopatra”, sono una tappa fondamentale di quel viaggio di ricerca personale che Arnaldo Pomodoro ha svolto in circa cinquant’anni per oltre quaranta spettacoli, dalla tragedia greca al melodramma, dal teatro contemporaneo alla musica, dalla Caterina di Heilbronn di Kleist, sul Lago di Zurigo nel 1972 con la regia di Luca Ronconi, alla trilogia dell’Orestea di Emilio Isgrò, da Eschilo, messa in scena sulle rovine di Gibellina tra il 1983 e il 1985 con la regia di Filippo Crivelli, fino al dittico Cavalleria rusticana di Mascagni e Šárka di Janáček al Teatro La Fenice di Venezia nel 2009 con la regia di Ermanno Olmi; il teatro è per l’Artista il
“luogo di ricerca per eccellenza ”.
Nelle opere, visibili precedentemente in due mostre diverse a Parigi ed a Singapore, ora ospitate nella bella cornice di Palazzo Sanguinetti, Pomodoro, che il 23 giugno ha compiuto 90 anni, gioca con elementi autenticamente Egiziani uniti ad un personalissimo genio creativo moderno; c’è l’Egitto in tutta la sua maestà e regalità interpretato con il pragmatismo ed il minimalismo propri dell’artista: pieni e vuoti ben bilanciati nei copricapi, nelle armature e nel proscenio.
Il Maestro fa un progetto scenico – visivo, avendo cura di mettere continuamente in relazione le forme materialmente presenti sulla scena con gli effetti visionari dati dalla “scultura attraverso la luce”: la scena, una base di 24×24 metri con altezza di 2 metri, è il supporto delle varie azioni e da qui nascono la massa visiva di luce a forma di piramide ed il tracciato degli spigoli della piramide stessa (in mostra è possibile ammirare il modellino in scala 1:20); tutto rimanda a quello che conosciamo della terra del Nilo ma mai in maniera scontata e banale.
Il Museo della Musica celebra l’estro artistico di Arnaldo Pomodoro facendo rivivere La passione di Cleopatra: i sontuosi ornamenti di accompagnamento ideati dal maestro, visionarie maschere in bronzo (per Cleopatra, Marcantonio, Cesarione e altri personaggi), armature, pettorali, elmi da parata, gioielli monumentali, modellini di scena. Accompagnati dal preciso ed elegante commento di Paola Goretti nella doppia veste di storica dell’arte e voce narrante, in occasione dell’inaugurazione, in una ouverture dedicata ai versi pronunciati, spirando, dalla celebre regina egiziana.
Per l’occasione sono stati esposti nelle sale museali volumi a tema e libretti d’opera selezionati dalla collezione libraria del Museo.
Durante la visita è possibile ammirare la famosa “sala egizia”, straordinario scrigno di Palazzo Sanguinetti, solitamente non visibile al pubblico, decorata da Gaetano Lodi.
Il pittore bolognese studiò il vasto repertorio iconografico dell’arte egizia dei secoli XIV e XIII a.C. nel corso di diversi soggiorni al Cairo, dove – tra il 1873 e il 1877 – realizzò le pitture di una sala da pranzo all’interno dell’harem a Ghisec, altri decori nel palazzo Khedivale e i disegni per un servizio da tavola Richard Ginori destinato al vicerè.
Esporre delle opere d’arte in un Museo della Musica già ricco di elementi architettonici e decorativi di livello altissimo, di strumenti musicali antichi, di libretti, quadri di musicisti e cimeli di vario tipo, potrebbe sembrare azzardato, ma il risultato è sorprendente: le opere sembrano assumere una musicalità propria che non stona col resto ma, al contrario, contribuisce a formare un suono nuovo come di un’orchestra composta da elementi diversi ma complementari, il risultato non può che essere elegante ed armonioso.
L’organizzazione della mostra è quasi completamente al femminile, come prevalentemente femminili sono state le presenze alla conferenza stampa e per l’inaugurazione.
Valorizzare la regina d’Egitto Cleopatra ed il suo essere donna, che in molti purtroppo non le hanno perdonato, equivale un po’ a valorizzare tutte le donne che, quotidianamente, svolgono il loro lavoro con entusiasmo, competenza ed abnegazione: quando si fanno le cose con passione il risultato non può che essere sorprendente.