Dopo oltre cinquant’anni dalla sua prima uscita nei cinema, al Festival Internazionale del Film di Roma arriva “La maschera del demonio”, pellicola horror firmata Mario Bava, da cui anche Tim Burton e Martin Scorsese presero ispirazione, e restaurata per questo evento.
L’input alla storia è semplice e diretto. Nella Moldavia del seicento la principessa Asa ed il suo compagno vengono messi al rogo con l’accusa di stregoneria. Maledicendo il paese in nome del Diavolo, la strega promette che ritornerà e si vendicherà dei propri aguzzini.
Due secoli dopo saranno un medico ed un suo allievo, per colpa della loro curiosità, a riportare in vita la donna e a lanciare una nuova minaccia sugli abitanti della Moldavia. Per fermare questo pericolo avranno bisogno del principe locale e dei suoi figli, discendenti di coloro che in passato condannarono la strega.
Restaurato per il Festival Internazionale, la prima opera firmata Bava continua tutt’ora ad affascinare e ad occupare un livello di qualità ben superiore rispetto ad altri titoli horror degli ultimi anni.
Ciò che ancora colpisce è soprattutto il perfetto uso della fotografia e sul contrasto tra bianco e nero che regalano primi piani di una bellezza entusiasmante. Ma il vero tocco del regista lo si vede nell’abilità con cui, coraggiosamente, scherza con il pubblico e gioca con esso. Sfruttando il doppio ruolo della protagonista femminile, Barbara Steele interpreta sia la principessa moldava che la strega, riesce più volte a trarre in inganno lo spettatore facendo passare la principessa per Asa e viceversa.
Nonostante il tempo passato i grandi maestri riescono ancora a far parlare di sè e a sovrastare, grazie alla qualità, prodotti più recenti e più costosi ma comunque meno affascinanti e, per i fan del buon cinema, la visione de “La maschera del demonio” rimane tutt’ora un obbligo.