Il Teatro Stabile Sloveno di Trieste ha ospitato per una sera La locomotiva folle, produzione del Drama di Lubiana per la regia di Jernej Lorenci dall’opera omonima del drammaturgo polacco Stanislaw Ignacy Witkiewicz.
La locomotiva folle ha incontrato in più occasioni il favore della critica aggiudicandosi tra i molti riconoscimenti il premio come miglior spettacolo nell’ambito del più importante festival teatrale sloveno, il Borštnikovo srečanje.
Il testo scritto nel 1923 è opera del drammaturgo polacco Stanislaw Ignacy Witkiewicz teorico del Formismo, un movimento artistico di inizio secolo che sosteneva l’importanza dell’arte pura, della forma. Ritroviamo nell’opera un linguaggio svincolato dalle regole letterarie tradizionali in linea con la poetica di tale avanguardia che ammicca all’espressionismo con la propria inclinazione alla caricatura e all’orrido.
La locomotiva folle è imbevuta non solo dei dettami formisti, ma anche delle riflessioni filosofiche del drammaturgo secondo le quali l’uomo, in una società come quella contemporanea, omologata e massificata, rischia di perdere la propria identità e di divenire un consumatore passivo di beni materiali e soprattutto culturali e artistici.
Ecco che la locomotiva diviene uno spazio sicuro e nuovo, separato dal mondo reale e corrotto, uno spazio dove poter mettere in atto il più magnifico piano della storia alla ricerca della felicità, della perfezione, dell’arte pura. La locomotiva a vapore lanciata a velocità folle dal macchinista e dal fochista diviene il luogo ideale attraverso cui aspirare all’utopia.
La vediamo questa locomotiva folle che viaggia a 130 km orari ignorando i segnali e le fermate sebbene l’intero spettacolo si svolga su una pedana immobile. L’illusione del movimento è creata dall’incalzante colonna sonora eseguita dal vivo dai due protagonisti alle prese con i pianoforti come fossero i comandi del convoglio.
La musica e il corpo dettano i ritmi della recitazione e tutti gli attori, anche coloro che si trovano in scena solo per brevi momenti, sono vivi e energici, quindi indispensabili. Una recitazione non convenzionale, comica e tragica allo stesso tempo, di cui si avverte la tensione verso la sperimentazione e la ricerca.
Il testo in lingua slovena coerentemente innestato su note e movimenti è comunicativo tanto da permettere allo spettatore di non curarsi in molti momenti dei sovratitoli in italiano.
Un’opera corale non convenzionale con diversi finali insoliti in linea con il rifiuto alla soluzione performativa dell’autore rispettata dall’acuta regia di Lorenci.
Il treno e il teatro sono “spazi altri” – come li definisce Michel Foucault – poiché a differenza dell’utopia sono luoghi in cui si può realizzare il cambiamento.
Nella locomotiva folle, sebbene quest’ultima viaggi disperatamente verso l’utopia, è essa stessa il luogo da cui poter cominciare ad agire sulla realtà modificandola, come d’altronde avviene in teatro.