È la crisi economica e la conseguente disperazione degli italiani ad essere il leitmotiv della commedia scritta da Antonio Romano. La banda del Box 23, in scena al Teatro degli Audaci fino al 30 aprile, parte da una situazione attuale, la crisi economica appunto, per dare vita ad una vicenda ironica e a tratti decisamente commovente che vede come protagonisti un gruppo di disperati alla ricerca del denaro facile.
È un bel cast quello che porta in scena lo spettacolo, formato da Luciana Frazzetto, Stefano e Claudio Scaramuzzino, Carlotta Ballarini e dallo stesso autore. Ed è, inoltre, la regia di Massimo Milazzo a garantire la riuscita di un lavoro meritevole che vale la pensa di essere visto.
La scena
Si apre il sipario e ci troviamo catapultati nell’officina di Claudio, un giovane meccanico alle prese con i pochi clienti.
La crisi ha colpito anche lui in una società dove nulla più si ripara ma tutto si ricompra grazie anche al mercato concorrenziale delle contraffazioni. Se nella sua officina manca il via vai di clienti, non manca di sicuro quello dei parenti e dell’amico di infanzia.
Vanno a trovarlo di frequente il fratello Roberto, classico mammone alla ricerca di un prestito, la sorella Carla che porta avanti la famiglia con un lavoro umile da addetta alla pulizie, la sua collega Patrizia, e il suo amico Napoli, quarantenne dalla battuta facile, senza un lavoro sicuro.
Schiacciati sempre di più dalle tasse, da un futuro incerto e dal lavoro che scarseggia, fanatici delle serie tv incentrate sulla criminalità, decidono di mettere in piedi un’associazione a delinquere con tanto di nomi in codice. Claudio diventa Spillo, Roberto verrà chiamato Er Tanica, Patrizia sarà Scheggia, Carla diventerà Sky e l’amico Napoli daranno vita a La banda del Box 23. Tra battute esilaranti affidate principalmente all’attore napoletano, colpi andati male, incomprensioni e totale incapacità nel gestire una situazione decisamente più grande di loro, i cinque pian piano, dopo tanto di rito di iniziazione, cominciano a portare a casa i primi risultati.
Dai piccoli scippi alle rapine fino ad affiliarsi con uno dei più grandi clan della città. Ed è qui che le cose iniziano a cambiare: quello che in principio poteva essere solo un gioco, inizia a diventare anche pericoloso soprattutto perché Claudio (alias Spillo) prende sul serio tutto il lavoro tanto da perdere di vista quello che aveva da sempre contraddistinto la sua famiglia: onestà, dedizione al lavoro e correttezza.
In equilibrio tra comicità e tragedia
Il testo di Romano mette in luce le problematiche che affliggono i nostri giorni: corruzione, mafia, crisi economica e si contraddistingue proprio per aver mescolato ironia e drammaticità nel corso dei due atti.
La caratteristica e il punto di forza di questo testo, infatti, è proprio quella di cambiare registro e passare dalla comicità alla tragedia in maniera netta, che arriva come un pugno allo stomaco. Non si può fare altro che rimanere incollati alla sedia e capire, piano piano, che da quel momento in poi non ci sarà più niente da ridere.
Infatti, le battute ironiche e i tempi comici del primo atto, nel secondo lasciano spazio alla drammaticità che arriva con tutta la sua violenza. Merito di un testo ben scritto, di un’ottima interpretazione e di una inconfondibile regia.
Gli attori sono tutti ben calati nella parte. La bellezza del testo, inoltre, è data anche dalla coralità del lavoro.
Nessuno è protagonista della vicenda, ognuno però ha dei problemi alle spalle: gioco d’azzardo, abusi in famiglia, il senso di colpa per la perdita di un figlio, padri sfuggiti alle responsabilità. C’è solitudine nelle loro parole ma una solitudine legata alla mancanza delle Istituzioni.
I personaggi usciti dalla penna di Romano si sentono abbandonati dallo Stato che non tutela i loro diritti.. da qui la rabbia, la voglia di riscatto e la voglia di riprendersi Roma, quella loro amata città ormai modificata da anni di mafia e corruzione. Tutto è in armonia: i dialoghi, i monologhi, le musiche, le risate, la rabbia.
Ma attenzione, il testo non inneggia alla violenza, al contrario, il messaggio, seppure spiegato in maniera troppo esplicita, è chiaro. La banda del box 23 ha l’obiettivo, tra l’altro riuscito, di sfatare il mito di supereroi camorristici, di sfatare il mito delle scorciatoie e dei facili risultati, per far comprendere che, solo con il lavoro duro e l’onestà, si possono ottenere le dovute soddisfazioni e che, a volte, le scorciatoie possono essere fatali.