Fino al 5 Giugno 2017 nelle sale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli saranno esposte circa settanta opere dell’artista Alessandro Kokocinski, di origini polacche e nato in Italia alla fine degli anni Quaranta.
L’allestimento, curato dalla Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo e progettato da Panstudio Architetti Associati, si sviluppa seguendo il filo conduttore della Maschera: opere polimateriche come dipinti, sculture, poesie, filmati, installazioni si annidano negli spazi delle gallerie del Museo come abitanti di sei isole poetiche (L’Arena–Pulcinella-Petruska-Sogno-Il Clown-Maschera Interiore) accompagnate da tre installazioni (Olocausto del Clown tragico, Non l’ho fatto apposta – con la partecipazione di Lina Sastri, e Sguardo al futuro nascente appositamente realizzata per questa esposizione).
Le opere sono esse stesse maschere, quasi tutte realizzate nella tradizionale cartapesta, colte nella loro essenza di medium tra fruitore e proprio intimo universo, che non vengono lasciate cadere se non nel momento dell’incontro del singolo con ogni opera, in un’esperienza privata e incondivisibile come di trasfigurazione e muto comprendersi.
Influenze nell’artista
Oltre a rappresentare il punto più alto della sua produzione artistica, la mostra Kokocinski. La Vita e la Maschera: da Pulcinella al Clown può considerarsi anche come una dinamica sintesi autobiografica a partire dall’influenza creativa di un’infanzia trascorsa tra Cile e Argentina assieme alla famiglia sfuggita ai regimi totalitari europei; i rimandi all’iconografia circense, dalla grottesca e malinconica figuratività, riportano ad un mondo che l’autore ha frequentato per molti anni in gioventù, mentre le sue origini polacche vengono intrecciate ai colori e agli ornamenti di alcune opere.
Su tutto un fortissimo legame figurativo con il mondo del teatro popolare napoletano, impersonato dalla serie dei molti Pulcinella, maschera per antonomasia giocosa e grottesca ma portatrice di una nuda, poetica dignità umana, suo malgrado in equilibrio come un funambolo sul filo della vita.
Il corpo dell’esposizione si estende nelle sale del Museo Archeologico, rarefacendosi e addensandosi quasi a voler suggerire un ritmo: forse la sublime bellezza delle collezioni permanenti del MANN ha offuscato un po’ l’impatto emotivo del percorso, che risulta quasi un contrappunto innestato sullo scorrere delle sale. Un sistema di indicazioni organico avrebbe potuto renderne più fluida la visita, senza incrinarne il messaggio e tracciandone un percorso di fruizione indipendente dal contesto.
“Rimane il segno del mio essere. Ogni stella è il suo testimone.”
Maschera Interiore