Un dramma, una tragedia naturalista come la definisce lo stesso autore, è quello che si consuma sul palco del Teatro Azione di Roma.
Fino al 19 marzo è in scena “Julie”, adattamento del famoso testo “La signorina Julie” di August Strindberg.
Appena entrati in sala subito si intuisce che si sta per assistere ad uno spettacolo coinvolgente.
Basta guardare l’allestimento che il regista e adattatore Marco Blanchi ha voluto per le dieci repliche romane.
Il pubblico è in platea, ma anche sul palco e circonda gli attori al centro della scena dove si dipana la tragica vicenda della contessina Julie.
Scritto nel 1888, il testo racconta gli eventi passionali, in un turbine di sesso, amore, denaro e potere, che condurranno ad un fatale epilogo.
Tre i protagonisti in scena ai quali si aggiunge un quarto personaggio spesso evocato ma che mai si rivela al pubblico, vero motore della storia.
È una notte di mezza estate di fine ottocento animata dai festeggiamenti del ballo della servitù che sono in pieno svolgimento nella dimora del Conte.
L’irrequieta contessina Julie approfitta dell’assenza del padre per trascorrere la serata con Jean, il servo di cui si è invaghita e che decide di sedurre dando vita ad un gioco tanto perverso quanto pericoloso che la condurrà alla morte.
La messa in scena evidenzia tutta una serie di rapporti conflittuali, in primis quello tra uomo e donna, ma anche quello tra servo e padrona e, quindi, implicitamente il tema della lotta di classe.
Nonostante sia stato scritto a più di cento anni fa, il testo rivela tutta la sua attualità proprio nell’evidenziare una relazione inevitabilmente impari per la natura stessa dei soggetti coinvolti.
Attori capaci e regia ispirata
In scena rivelano tutte le loro capacità attoriali: Valerio Rosati nei panni di Jean, Ilaria Salvatori in quelli di Julie e Valentina Mangoni nei panni della serva Kristin, fidanzata di Jean.
Aiutati dall’ispirata regia di Marco Blanchi, precisa e impeccabile, i tre giovani attori regalano al pubblico le emozioni che un testo impegnativo come questo si prefigge di dare.
Un senso di claustrofobia emerge soprattutto nella seconda parte dello spettacolo quando i ruoli si capovolgono e la giovane contessina è assoggettata a colui che prima era suo servo.
Le luci di Augusto Belli sottolineano tutti i passaggi della storia così come l’inquietante commento sonoro.
Con disinvoltura, ben calati nei loro ruoli, i tre giovani attori sostengono la prova di un testo non facile da interpretare date le molteplici variazioni di tono, umori e gerarchia da sottolineare.
Lo spettacolo è da vedere e rivedere dato che il regista ha deciso di affidare l’intepretazione ad un doppio cast.
In scena dalla prossima settimana, sullo stesso palco che ha visto crescere attori come Elio Germano e Nicolas Vaporidis, si esibiranno Vincenzo Grassi (Jean), Livia De Luca (Julie) e sempre Valentina Mangoni nei panni di Kristin.