Juda debutta in prima nazionale venerdì 13 aprile al Teatro Stabile Sloveno di Trieste nella sala del Ridotto con la regia di Igor Pison. Il regista triestino completa così il dittico della drammaturga olandese Lot Vekemans iniziato due anni fa con la messa in scena dello spettacolo Ismene.
Un doppio primato sia come debutto in lingua slovena sia italiana se si considerano i sovratitoli di traduzione istantanea.
La deposizione di Giuda
Juda/Giuda, un nome che richiama alla mente il personaggio biblico che tradì Gesù consegnandolo alla morte sulla croce per trenta denari d’argento. Ma soprattutto Giuda è il nome che ha conservato sino ad oggi il significato di traditore per antonomasia.
E proprio Giuda è il protagonista di questo monologo: caro all’autrice del testo, così come Ismene, per essere un personaggio ai margini di una grande storia.
La vicenda è nota, ma lo è talmente tanto che nasce immediata la curiosità di sentire cosa Giuda abbia da dire per difendersi dalla storia ufficiale. Il pubblico prende posto in platea come un giudice prende posto in tribunale, ma si ritrova ben presto ad essere lui quello inquisito.
Attraverso un perfetto esercizio, insieme teatrale e filosofico, Giuda scivola dal ruolo di accusato e diviene accusatore. È lui a porre le domande e a insinuare il dubbio in noi e non noi a metterlo in dubbio.
Assistiamo a una confessione e non a una deposizione anche se alla fine siamo noi ad esserci confessati e lui ad essere deposto dalla croce del biasimo.
Giuda uomo, la cultura pop e la musica rock
Non bisogna dimenticare che Giuda non è solo un nome, un simbolo o un’ opera ma una prova d’attore. Primož Forte è il vero protagonista di questo spettacolo, che riesce a non farsi schiacciare dal peso del personaggio apportando ad esso un’interpretazione vibrante e molto personale. Tecnicamente essenziale e senza sbavature, di quell’essenziale che si percepisce arrivi da un grande lavoro di ricerca. Un piacere vederlo sul palco.
Altrettanto essenziale è la scena, ad opera dello scenografo Marjan Kravos, in cui lo spazio è tagliato obliquamente da un tavolo lungo e sghembo. Un esplicito richiamo all’iconografia dell’Ultima Cena, sennonché la posizione inconsueta del tavolo e la scelta del total black infondano da subito un senso di smarrimento e anticipino allo spettatore un rovesciamento di prospettiva.
Giuda ha il pregio di avere un copione sapientemente costruito, dinamico e non lineare. Un testo meta-teatrale che rompe da subito la quarta parete e che tiene il pubblico in continua suspense. I velocissimi cambi di argomento e punto di vista, estremamente in linea con la modalità di comunicazione dei nostri tempi, mantengono alta la tensione e stimolano lo spettatore.
Su questo testo il lavoro di Igor Pison, del suo ultimo spettacolo Anomalie abbiamo parlato qui, è impeccabile. Coglie tutte le provocazioni del monologo e le sottolinea con eleganza e originalità. Il regista ha scelto di ispirarsi alla cultura pop e alla musica rock presentando un Giuda uomo, facendo dimenticare completamente la matrice religiosa del personaggio. Molto apprezzati i rimandi cinematografici e le immagini dissacranti – sempre di buongusto – che impreziosiscono come pepite la messa in scena. Questo taglio ironico e poetico assieme conquista senza riserve, e così lo spettacolo tutto.
Juda, uno spettacolo da non perdere!