Il mal d’amore è un tema caro alle diverse forme artistiche fin dall’antichità.
Il regista Eitan Pitigliani con il suo cortometraggio Insane Love, prodotto da Giuseppe Alessio Nuzzo per Paradise Pictures con Rai Cinema, riprende questo argomento e lo attualizza, soffermandosi sulle distorsioni prodotte dai mezzi di comunicazione e dai social. Forte di attori eccellenti (Filippo Gattuso, Miriam Dalmazio, Clara Alonso), di una fotografia che supporta con potenza la trama, diretta da Vladan Radovic, Insane Love è un film che lascia il segno e propone riflessioni.
Verrà proiettato a Parma il 22 settembre 2019 in concorso al Parma International Music Film Festival.
Insane love tratta un tema attualissimo e insolito: la sofferenza prodotta dalle fantasie della mente. Come è arrivato all’idea del film?
Quello dei percorsi emotivi e fantasiosi della mente è un tema che mi ha sempre affascinato, sin dai miei primi lavori.
E credo che oggi sia sempre più “urgente” capire come proteggere la mente dai continui stimoli, fatti di immagini, suoni ed emozioni, cui la società odierna e gli odierni mezzi di comunicazione la sottopongono, in un continuo bombardamento di informazioni che lancia l’umanità all’interno di un vuoto virtuale, dal quale non è sempre facile uscire.
La mente è frammentata, e con essa le emozioni e le sensazioni, finanche la percezione della realtà stessa, il più delle volte mistificata o distorta. E questo porta a una grande sofferenza, quella dell’uomo che, contrariamente a quanto possa sembrare, sembra sempre più perdere il controllo della sua più grande risorsa, la mente.
Il vuoto interiore e la ricerca della persona ideale con il supporto mistificatorio dei social possono essere causa di deviazione?
La mente che barcolla spesso ben si innesta con le sensazioni create da un vuoto originario che accomuna molti, che poi nel loro cammino cercano costantemente di ritrovare un qualcosa che non hanno più.
Ed è così che, nel tentativo di trovare la persona che faccia sentire davvero vivi, spesso si incappa in un copione, una sorta di karma, in cui varie figure si ripetono, nel tempo, molto spesso con le stesse caratteristiche, psicologiche ma anche fisiche.
Ed i Social ben si prestano a questo, perché se da un lato mostrano una realtà fittizia, artificiosa, che tende a edulcorare se stessa anche magari
Apparendo il contrario di quella che è, dall’altro cerca di propinare un consumismo forsennato, stressante e sfrecciante, nel quale anime e corpi diventano immagine, una sorta di merce 2.0 che genera “addiction” e volontà di emulazione, fino all’innamoramento.
Oggi i ragazzi si innamorano non dell’anima bensì dell’immagine, nemmeno del corpo ma dell’immagine che il corpo dà di sé. E la deviazione è dietro l’angolo quando, di fronte ad uno schermo, ci si perde in qualcosa che appassiona, che piace, e che mette in discussione se stessi e la propria immagine del sé. Ed è così che parte tutto.
Nel film c’è una presenza importante: la danza. Perché questa scelta?
La scelta è stata non tanto una scelta quanto un incontro, in quanto credo che il naturale, e assoluto, contraltare del dominio della mente è rappresentato proprio dalla danza, l’arte che, un po’ come il cinema, unisce anima e movimento, corpo e musica, in un connubio perfetto che colora i vuoti dell’animo umano e li mette in moto .
Ed è molto interessante notare come l’alterazione della realtà è la sua confusione con i social network sia vissuta, forse ancor più intensamente, proprio nella danza, in una contraddizione incredibilmente interessante e affascinante, che mi ha attratto sin dal primo momento e che mi ha spinto ad affrontare questo tema avvalendomi appunto della danza.
Venendo da un film molto particolare come “Like a Butterfly” – in cui ho avuto l’onore di dirigere Ed Asner, una leggenda, attore vincitore di 5 Golden Globe e 7 Emmy Awards – film che trattava un tema importante come quello della malattia, c’era invece in “Insane Love” il bisogno e la necessitò di creare questa profondità, che cerco in tutti i testi che scrivo e dirigo, attraverso qualcosa di folle ma al contempo di magico.
Ed e proprio nella danza che ho trovato questa magia, nella coesistenza tra realtà e immaginazione, apollineo e dionisiaco, tempo esterno e tempo interno bergsoniano.
Non era una cosa facile, ma questo “touch of magic” è poi arrivato grazie all’incontro con la coreografa Anna Cuocolo, una professionista e un’Artista straordinaria (Premio Positano per l’Arte della danza nel 2006) con la quale partendo dalla sceneggiatura abbiamo creato, e poi sviluppato, un livello parallelo alla storia, quello appunto che proietta il protagonista in un mondo altro, in cui la danza si appropria del suo vuoto interiore, e forse anche lui stesso in un certo senso si appropria della danza, fino a diventare altro da sè.
Questo accade attraverso la figura del ballerino, che vede la partecipazione nel cast, alla sua prima apparizione sul grande schermo, di Davide Dato, primo ballerino del Balletto Opera di Vienna, star italiana della danza internazionale, considerato come l’erede di Roberto Bolle.
Grazie lavoro svolto con Anna Cuocolo il film ha preso così un passo diverso, con una compenetrazione tra cinema e danza, che vede la protagonista argentina Clara Alonso recitare danzando, accanto a Davide Dato, ballerino che a sua volta danza recitando, con la fotografia di Vladan Radovic (premio David di Donatello), sulle note del brano “Bibo No Aozora” del compositore premio Oscar® Ryuichi Sakamoto (per “L’ultimo Imperatore” di Bernardo Bertolucci) e su quelle della colonna sonora originale del Maestro Paolo Vivaldi.
Ed è stato fondamentale poter far coesistere, anche a livello musicale, questi due mondi, quello delle musiche originali, che rappresentano il mondo della follia reale, con il brano del Maestro Sakamoto, che dà voce invece alla magica follia ricorrente nella mente del protagonista, che proprio su quelle note vede danzare di fronte a sè, o forse nella sua mente, la donna di cui è follemente innamorato.
Il film si presta ad uno sviluppo, ha pensato a trarre un lungometraggio?
Assolutamente, in realtà l’idea del lungometraggio c’è sempre stata, ancor prima di realizzare il corto, che è venuto, come idea, in un secondo momento. Durante le riprese ho iniziato a scrivere la sceneggiatura del lungometraggio, e poi nella fase di montaggio, ho ultimato lo “screenplay”, lo dico in inglese perché è un testo scritto appunto in inglese, per un film internazionale a più Paesi.
E’ tutto pronto, attendo soltanto l’incontro con un produttore che possa metterne in risalto al massimo le potenzialità.
Per tutto quello che dicevo prima, il tema è caldo e l’esser riuscito a dare vita ad una sceneggiatura così complessa e urgente che tocca vari Paesi e i ragazzi di varie culture e luoghi, mi rende estremamente felice e ansioso di vedere come sarà sullo schermo.