Grandiosa prima recita de I Puritani questo 16 Novembre, che con grinta da il la all’intera stagione lirica triestina.
Indubbiamente, quest’opera è un colosso del melodramma e la sua resa scenica, esecutiva e interpretativa da sempre dà filo da torcere ai professionisti di questo settore.
A curare la regia troviamo una splendida Katia Ricciarelli, legata all’opera da un evento straordinario. Nel 1986, al Petruzzelli di Bari, fu Elvira nella versione Malibran (curata da Pier Luigi Pizzi), ovvero quella che Bellini aveva pensato per il Teatro San Carlo di Napoli e che MAI era stata portata in scena (causa morte del compositore e poco dopo del Soprano). Al suo fianco, in questo impegno registico, troviamo Davide Garattini Raimondi, ormai un nome in ascesa che ritroviamo nelle produzioni di importanti teatri.
Quest’opera vede un intreccio amoroso che si scontra con gli schieramenti politici nell’Inghilterra cromwelliana.
Troviamo così una Elvira innamorata di Lord Arturo Talbo, un Riccardo che innamorato a sua volta della bella marcia contro il loro matrimonio, un sir Giorgio (zio di Elvira) desideroso solamente della felicità di quella che per lui è come una figlia.
Ma a complicare il tutto è la presenza nella fortezza di una prigioniera che successivamente si scoprirà essere la Regina Enrichetta di Francia. Arturo, per salvarla da morte certa, la nasconde col velo nuziale di Elvira e insieme fuggono.
La scena viene vista da Riccardo che saggiamente vuole sfruttare questa situazione a suo favore. La povera Elvira per il dolore impazzisce. Arturo eroicamente riesce a ricongiungersi con la sua amata ma è condannato a morte per alto tradimento. L’opera si chiude col messo che annuncia la vittoria dei soldati di Cromwell e la grazia data ad Arturo per far trionfare l’amore.
Emozionanti Ruth Iniesta e Antonino Siragusa che acclamati dal pubblico si stringono in un abbraccio sincero: è l’umiltà degli artisti a trasparire. Di Giulia Grisi e Giovanni Battista Rubini non ne nascono così spesso, ma loro sicuramente sono degni successori.
Note di merito per il baritono Mario Cassi che sa essere molle e vigoroso nonché sempre elegantissimo, Alexey Birkus con un’indubbia tecnica vocale e interpretativa e Nozomi Kato, calzante e disillusa sebbene sempre precisa. Anche il coro, reso dinamico dai figuranti, è stato ineccepibile, e con lui l’orchestra: incantevole.
Costumi da sogno e scenografia semplice ma suggestiva fanno solo da cornice a questa rappresentazione che gode di numerosi punti di forza.