In nome del Papa Re. Poco o nulla sembra essere cambiato dall’esordio del capolavoro di Luigi Magni del 1977, un film storico-drammatico che descrive la Roma papalina al tempo di Pio IX.
Corsi e ricorsi storici tra crisi di coscienza e la decadenza del potere pontificio che Antonello Avallone, regista e nelle vesti di Monsignore, Colombo da Priverno, ripercorre in scena al Teatro dell’Angelo fino al 24 marzo in un adattamento teatrale che nulla toglie al testo originale.
Una trasposizione filmica ben costruita sul palcoscenico e curata nei dettagli, dalla scenografia ai costumi, che perfettamente rievocano ambienti e stili del periodo risorgimentale, all’utilizzo dei momenti di buio per i diversi piani e cambi di scena, mantenendo in questo modo un flusso continuo di situazioni che contribuiscono a rendere in maniera evidente l’effetto tra scene e inquadrature tipico del linguaggio cinematografico.
Due atti di piacevolissima fruizione, concentrati in un ritmo dinamico tra il recitato e il cantato, conferendo al pubblico un coinvolgimento totale tra spunti di riflessione e scene esilaranti che rappresentano la quotidianità tra Monsignor Colombo e Serafino, il perpetuo da venti anni al fianco del curato. Una condivisione tra i due, degli spazi e degli umori che si consolida in un rapporto di complicità tra rivelazioni e attimi di spiazzante tenerezza, interpretati dall’ironia e dallo spessore scenico di Sergio Fiorentini.
I fatti risalgono al 22 ottobre del 1867 a seguito del massacro di Giuditta Tavani Arcuati donna incinta, uccisa dai soldati papalini al Lanificio Ajani in Trastevere insieme ad uno dei figli e al marito.
Un episodio questo che decreta il distacco e la conseguente volontà di dimissioni da ruolo di giudice della Sacra Consulta da parte di Colombo, ulteriormente rafforzato nel momento in cui il concetto di giustizia crolla definitivamente con la sentenza di condanna a morte emessa nei confronti di tre giovani rivoluzionari: Gaetano Tognetti, Giuseppe Monti e Cesare Costa, dal carattere quest’ultimo particolarmente ribelle come suo “padre”, colpevoli dell’attentato alla caserma Serristori che provoca la morte di ventitre Zuavi (soldati dell’esercito papalino).
La perdita di fiducia nella giustizia e del potere temporale esercitato dalla Chiesa viene sancito attraverso l’arringa che monsignor Colombo rivolge ai giudici durante l’ultima condanna a morte emessa dal Tribunale pontificio in un processo che non prevede nè accusati e nè avvocati in aula.
Una presa di coscienza che insorge contro la stagnazione di idee e il concetto di giustizia che non contempla e non tollera idee diverse rispetto a quelle di derivazione Divina.
Sono i tempi a cambiare come fa notare Monsignor Colombo, e con esso anche il concetto di giustizia e di morale.
Un cambiamento messo in atto dal popolo, “e con l’esercito di popolo, come si sottolinea, ci si sbatte sempre il grugno”. Un presagio che si concretizzerà a distanza di tre anni con la presa di Porta Pia e che decreterà la fine dello Stato Pontificio.
L’adattamento de In nome del Papa Re, è l’ennesimo successo a ulteriore conferma del lavoro svolto, nella giusta scelta e nella sinergia dimostrata nella rappresentazione dei ruoli.
Antonello Avollone in qualità di regista e di attore, oltre alla straordinaria presenza di Sergio Fiorentini si avvale del contributo di: Emiliano De Martino,Tonino Tosto, Susy Sergiacomo, Nanni Candelari, Patrizia Ciabatta, Matteo Lombardi, Flavia Di Domenico, Francesco Marioni, Daniele Di Matteo, Federico Mastroianni.
Scene e costumi Red Bodò; Musiche Danilo Pace; Canzoni T.Tosto e D.Pace
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